Perché l’Ecuador è come la Colombia di Pablo Escobar

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Ecuador

L’Ecuador è come la Colombia dei tempi di Pablo Escobar (qui l’analisi completa su Tempi)

Quando il candidato alla presidenza dell’Ecuador Fernando Villavicencio fu assassinato l’8 agosto dello scorso anno, appena dieci giorni prima delle elezioni presidenziali e quando era favorito per ballottaggio, il mondo non capì che in Ecuador c’era un problema di violenza narcos simile a quello della Colombia ai tempi di Pablo Escobar.

Questa settimana, con la fuga dei due principali boss della droga dalle carceri controllate dalle gang (139 agenti di polizia sono sequestrati da quattro giorni) e l’occupazione di un canale tv a Guayaquil, il porto diventato il principale hub al mondo per esportare cocaina e fentanyl in Europa, il mondo se ne è reso conto. Persino l’Italia.

Così come se ne è accorto, suo malgrado, il presidente Daniel Correa, il quale ha dichiarato i 22 gruppi criminali in guerra con lo stato “organizzazioni terroristiche”, mandando l’esercito nelle strade e imposto lo status di “conflitto armato interno”.

Narcopolitica e narcogiustizia in Ecuador

Un conflitto che da tempo è pane quotidiano per i poveri cittadini dell’Ecuador. Solo poche settimane prima dell’assassinio di Villavicencio, infatti, anche Agustín Intriago, sindaco della città costiera di Manta, la quarta città più importante dell’Ecuador, era stato assassinato in pieno giorno mentre, dalla fine della pandemia, i giornali di Quito raccontavano di omicidi mirati all’epoca liquidati dalla polizia come “regolamento di conti tra bande”.

Oggi questa narrativa della resa dei conti tra criminali non regge più ed è chiaro che le complicità di politica, magistratura e forze dell’ordine con i cartelli è arrivata ai massimi livelli. Gli Stati Uniti avevano annunciato già nel dicembre del 2021 che avrebbero cancellato i visti di numerosi “generali narcotrafficanti”, ovvero agenti di polizia di alto rango che Washington sospetta operare con le gang della droga.

Da dicembre Metastasis, processo partito dalle indagini sulla narcopolitica e la narcogiustizia in Ecuador, ha evidenziato le infiltrazioni dei cartelli transnazionali ai massimi livelli a Quito che, non a caso, ora vogliono uccidere la coraggiosa procuratrice Diana Salazar, che ha nel mirino l’ex presidente latitante (in Belgio) Rafael Correa, il politico che spalancò le porte ai narcos nel paese sudamericano.

Paolo Manzo, 11 gennaio 2023

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