Dovunque ci si giri, in qualsiasi notizia si legga sui giornali o si ascolti in televisione, in qualsiasi consiglio edificante risuoni alle nostre orecchie una parola s’impone ormai sempre più forte delle altre: questa parola è empatia. Sembra non essercene mai abbastanza.
Viviamo nell’era dell’empatia, di continuo ci viene predicato di vedere il nostro volto in quello dell’altro, di identificarci con tutto il mondo e con tutte le persone del mondo: praticamente un lavoro a tempo pieno. La parte emozionale degli individui, la loro sensibilità, è stata posta al centro del villaggio occidentale non come una delle tante componenti importanti dell’uomo ma come la sua componente più importante, come ciò che rende un uomo un uomo. È stata concessa un’esacerbante importanza all’aspetto emozionale.
Paul Bloom si è imbarcato nell’impresa, a dir poco controcorrente, di dimostrare come l’empatia, ovvero la capacità di mettersi nei panni di qualcun altro, sia deleteria per le nostre vite. Bloom la paragona alle bibite gassate e dolciastre, allettanti ma non salutari. L’empatia genera piacere per la sua capacità di farci sentire coinvolti nei confronti degli altri, genera benessere perché ci fa sentire più buoni. Ma è tutt’altro che una valida guida morale e decisionale. L’empatia ci porta spesso a emettere giudizi errati e a fare scelte politiche irrazionali e ingiuste, genera un’ubriacatura emotiva che impedisce e corrode la capacità di agire in modo sensato. Un alto grado di empatia non ci rende in alcun modo una persona migliore rispetto a un’altra che ne ha di meno.
Con questo libro rivoluzionario e divertente, attraverso numerosi esempi tratti dalla realtà quotidiana e da una documentata analisi scientifica, Bloom ci mostra come, in un mondo che reclama sempre più spazio per i sentimenti, dovremmo dare invece più spazio alla ragione. Solo così potremo prendere decisioni sensate e rendere il mondo un posto migliore.
Michele Silenzi, 16 giugno 2023