Che l’Europa non debba essere solo un mercato comune, siamo d’accordo. Che debba essere un’istituzione democratica che aggreghi stati democratici e liberali, assolutamente! Che il discorso sui valori comuni, sempre messo da parte o rimosso, vada finalmente posto, non saremmo noi certo a negarlo. Perciò chi scrive è favorevole a che l’istituzione centrale intervenga e ponga condizioni morali agli Stati membri per l’appartenenza alla comunità, e vincoli anche l’erogazione di fondi all’accettazione di certi parametri. A nulla vale dire che il governo di uno Stato può far quel che vuole a casa propria se eletto democraticamente: anche i peggiori dittatori del secolo scorso avevano, come sappiamo, ampio consenso popolare!
Ma se tutto questo è vero in generale, in particolare l’attacco della Commissione Europea e di Ursula von der Leyen a Ungheria e Polonia non convince. È nei dettagli che casca l’asino, e qui mi sembra che caschi di brutto. A non convincere è il punto specifico su cui avviene in questi giorni l’attacco, che si concentra soprattutto su una legge ungherese a protezione dei minori che vene giudicata da Bruxelles discriminatoria delle minoranze di genere. Che si possa concepire già solo l’idea di “proteggere” qualcuno non facendolo misurare col mondo, è in sé sbagliato. Ma è lo stesso errore che fa anche l’Europa quando escogita norme e regolamenti sempre più invasivi e lesivi della libertà umana. Che se non fosse anche libertà di errare, semplicemente non sarebbe. A non convincere sono soprattutto due fondamentali elementi, che potremmo porre sotto forma di domanda: chi è che ha deciso, e in seguito a quali discussioni, cosa fosse da intendersi per “Stato di diritto”, e quindi quale fosse il perimetro entro cui gli Stati membri devono muoversi?
E ancora: chi oggi si arroga il diritto di stabilirlo ha tutte le carte in regola, ovvero le credenziali morali, anche da un punto di vista democratico e liberale (i due aspetti non devono mai andare disgiunti), per poterlo fare? Detto in soldoni, a me sembra che il problema sia politico. Essendoci in seno al parlamento europeo una maggioranza progressista, si ripropone su scala continentale il vizio che è proprio delle sinistre: far coincidere le loro idee con il perimetro del campo da gioco. A me, invece, da liberale, mi piacerebbe che la partita la giocassero ad armi pari tutte le visioni del mondo, che si confrontassero e misurassero. Mi piacerebbe che i cattolici non venissero considerati “oscurantisti” e “medievali” ma semplicemente come i portatori di un’altra visione del genere, “naturalistica” e non “liquida” per così dire. Perché delegittimarli a priori, ed escluderli dal campo di gioco? L’infelice formula orbaniana di “democrazia illiberale” andrebbe verificata su altri punti, ad esempio la politicizzazione dei media e della giustizia, non sulle visioni del mondo.