Esteri

Perché l’Iran ha paura di attaccare Israele

Il neo presidente iraniano Pezeshkian avrebbe chiesto alla Guida Suprema di astenersi dal rispondere allo stato Ebraico. I motivi

presidente iraniano Pezeshkian netanyahu Israele © designer491 e Wavebreakmedia tramite Canva.com

In un articolo pubblicato il 7 agosto, il Jerusalem Post, quotidiano israeliano in lingua inglese che gode della collaborazione di diversi analisti con profonda conoscenza del Medioriente, ha riportato che il neo presidente iraniano Masoud Pezeshkian ha chiesto alla Guida Suprema di astenersi dall’attaccare Israele. Nell’articolo, dove tra l’altro vengono riportate citazioni che fonti a conoscenza degli sviluppi hanno fatto arrivare alla Iran International, Pezeshkian ha avvertito Khamenei dei potenziali effetti di un attacco sulla sua presidenza.

Secondo quanto riportato mercoledì proprio dalla Iran International, il presidente iraniano Pezeshkian avrebbe raccomandato alla Guida Suprema della Repubblica islamica, l’Ayatollah Ali Khamenei, di pensarci bene prima di dare l’ordine di attaccare Israele perché una rappresaglia israeliana potrebbe paralizzare l’economia e le infrastrutture dell’Iran. Persino portare al collasso del Paese.

Iran International ha anche affermato che Khamenei non si è pronunciato e che anche se non ha sostenuto le preoccupazioni di Pezeshkian, non si è opposto lasciando la questione aperta. Rimane che dopo l’eliminazione a Beirut di Fuad Shukr numero due di Hetzbollah e capo di stato maggiore della milizia terrorista e Milad Bedi, l’ufficiale di collegamento fra la stessa Hetzbollah e il governo iraniano, ma soprattutto dopo l’eliminazione di Isma’il Haniyeh direttamente a Teheran, ricordiamo che Israele non ha assunto la paternità di quest’ultima operazione, le prime minacce iraniane nei confronti dello Stato Ebraico sono state roboanti e sembrava che il Medioriente dovesse cadere da un momento all’altro nel baratro di una pesantissima guerra regionale.

Poi, di fatto, si è passati in quella che si può tranquillamente definire una snervante attesa. Israele prima di agire attende gli eventi perché al momento, in questo gioco di nervi, la palla si trova nel campo iraniano. È stata l’Iran, infatti, che ha accerchiato lo Stato Ebraico con i suoi proxi vicini e lontani e mentre i lontani, gli Huti yemeniti, hanno già subito una pesante reazione al lancio di centinaia di missili verso lo Stato Ebraico, i vicini, gli Hetzbollah libanesi continuano con il lancio di missili e droni verso il nord di Israele senza forzare troppo la mano e subendo le reazioni che al momento sono limitate e chirurgiche.

Le immagini arrivate dalla città portuale di Al Hudaydah in fiamme hanno fatto il giro del mondo, soprattutto del mondo arabo, e anche Nasrallah, il capo di Hetzbollah è consapevole che sarebbe difficile per lui spiegare ai libanesi i risultati di una prossima guerra aperta contro Israele, sempre se da questa guerra riuscisse ad uscirne vivo. Si può anche ipotizzare che, per ironia della sorte a Teheran, i grandi capi della rivoluzione islamica temano più le eliminazioni mirate che non i grandi bombardamenti.

Se ad uccidere Isma’il Haniyeh, la faccia buona di Hamas, all’interno di un compound super controllato fosse veramente stata la mano di Israele, lo Stato Ebraico avrebbe dimostrato di poter arrivare, quasi senza colpo ferire, direttamente ai vertici della teocrazia. Khamenei questo lo ha probabilmente capito e Pezeshkian sta, probabilmente, facendo di tutto per ricordarglielo. In fondo è sempre meglio perdere la faccia che la testa.

La prova di questa ritrovata prudenza la si è avuta nel vedere l’Āyatollāh Seyyed ʿAlī Ḥoseynī Khāmeneī, la guida suprema dell’Iran, che durante i funerali di Isma’il Haniyeh a Teheran, guardava il cielo con espressione timorosa. Segno questo della consapevolezza di essere nel mirino. Anche Esmail Qaani, comandante della Forza Quds, allo stesso funerale teneva in testa un velo da donna per non farsi riconoscere dall’alto.

Anche se ha ragione il neopresidente iraniano Pezeshkian ha detto solo una mezza verità, e cioè che una potente reazione israeliana potrebbe mettere in ginocchio l’economia e le infrastrutture dell’Iran. Quello che non ha detto, ma che è molto più importante, è che vedendo vacillare la dittatura, la popolazione dell’Iran potrebbe sfruttare il momento per riprendersi quella libertà che da troppo tempo manca in quella regione. E se la dittatura vacillasse nessuno, neanche i pasdaran più agguerriti potrebbero fermare la voglia di vivere dei giovani iraniani.

Michael Sfaradi, 8 agosto 2024

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