A distanza di appena otto mesi dal suo sensazionale arresto Matteo Messina Denaro è morto. Il boss di Castelvetrano, 61 anni, è deceduto nell’ospedale San Salvatore dell’Aquila dove era ricoverato dallo scorso 8 agosto. Un cancro al colon non gli ha lasciato scampo. Proprio quel male che aveva permesso ai carabinieri del Ros e alla procura di Palermo di mettersi sulle sue tracce, per poi catturarlo lo scorso 16 gennaio, dopo ben trent’anni di latitanza.
La malattia, appunto. Già allora erano sorti non pochi dubbi circa l’effettiva capacità di Diabolik di continuare a portare avanti le cure richieste da un trattamento di chemioterapia mantenendo lo status da latitante. Decisamente più comodo gestire la malattia da detenuto piuttosto che da fuggitivo. A ciò bisogna poi aggiungere tutta una serie di atteggiamenti a dir poco sospetti per un boss della caratura e della storia criminale di Messina Denaro: selfie, chat, avances al personale sanitario, tutti comportamenti eccessivamente sopra le righe che mal si sposano con la latitanza. E questo, uno come il mafioso trapanese, uomo d’onore da sempre e figlio di cotanto padre, cresciuto a pane e Cosa Nostra, non poteva di certo non saperlo. Che si sia rincoglionito con l’avanzare della malattia? Chissà. Ma qualcosa sembra non tornare esaminando modalità e tempistiche del suo arresto. Solo coincidenze? Sarà. Ma il sospetto resta.
Perché è vero: lo Stato con l’arresto di Messina Denaro ha centrato il colpaccio, riuscendo finalmente ad acciuffare l’ultimo padrino, uno dei latitanti più pericolosi al mondo, un protagonista indiscusso del biennio stragista 1992-93 e conoscitore delle più oscure trame di Cosa Nostra. Un grande risultato assicurare una volte per tutte l’inafferabile boss alla giustizia dopo tre lunghi decenni di tentativi andati a vuoto. Non c’è dubbio. D’altro canto, però, una volta catturato, si scopre che il capo della mafia trapanese ormai altro non è che un malato terminale in procinto di passare a miglior vita, che nonostante ciò non ha comunque alcuna intenzione di vuotare il sacco e rivelare i segreti della mafia siciliana. E infatti non lo fa. Matteo Messina Denaro non parla, fedele a Cosa Nostra fino all’ultimo, decide di portare con sé all’altro mondo i tanti misteri di cui era a conoscenza.
Nessun pentimento, quindi, com’era ampiamente prevedibile, né tantomeno una detenzione commisurata al suo peso criminale, essendo il mafioso di Castelvetrano ormai prossimo alla fine dei suoi giorni. E anche questo, probabilmente, Messina Denaro l’aveva previsto. Sapeva gli sarebbe rimasto poco da vivere. Così com’era a conoscenza del fatto che un malato oncologico difficilmente può vivere da fuggitivo nell’ultima fase della malattia. Chissà che Diabolik non si sia veramente preso gioco dello Stato fino all’ultimo…
Salvatore Di Bartolo, 26 settembre 2023