Perché Milei non è un pericolo per la democrazia

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Il nuovo presidente dell’Argentina Milei non è un “pericolo per la democrazia”

«Viva la libertà, c…o», ripetuto per ben tre volte. Solo la chiusura del discorso della vittoria del 53enne economista libertario Javier Milei, il nuovo presidente argentino, è stata “poco moderata”, usando un eufemismo ed assai poco “presidenziale”. Per il resto, nei 17 minuti in cui ha letto un discorso scritto, l’economista che ha stravinto le presidenziali di ieri in Argentina (con l’11,4 per cento di vantaggio, tre milioni di voti, sul 51enne peronista kirchnerista Sergio Massa) ha ribadito i punti del suo programma. Ovvero le ricette economiche della scuola austriaca di Friedrich von Hayek e Ludwig von Mises.

Ma chi è e che cosa vuole fare il nuovo presidente? Milei […] è a favore di una riforma finanziaria radicale per eliminare il sistema della riserva frazionaria, per creare un modello di free banking, per dollarizzare e per chiudere la Banca centrale. Obiettivo? Mettere fine all’elevata inflazione di cui storicamente soffre il Paese, «inflazione che è la tassa più iniqua che esiste, perché si mangia il 25 per cento del potere d’acquisto della classe più povera e da sola s’ingoia ogni anno il 5 per cento del Pil».

Per la cronaca oggi l’inflazione in Argentina è del 143 per cento, con previsioni che arrivi al 180 entro fine 2023. […] Di certo accusarlo, come hanno fatto tanti media, di rappresentare una minaccia per la democrazia è ridicolo. In primis perché, nonostante la valanga di voti, Milei sarà un presidente debole. Quando tra 20 giorni si insedierà alla presidenza, infatti, il suo partito La Libertà Avanza avrà appena sei seggi su 72 al Senato e 38 su 257 alla Camera. Per governare, insomma, il nuovo presidente dovrà lavorare con i moderati che sovente non sono d’accordo con lui. Non a caso nel suo discorso dei 17 minuti di ieri notte ha prima ringraziato per la loro «generosità» nell’appoggiarlo l’ex presidente Mauricio Macri e Patricia Bullrich, la terza arrivata al primo turno. Poi ha detto di essere disposto ad «accogliere chiunque sia disposto a unirsi alla nostra rivoluzione liberale, a prescindere dalla provenienza politica». […]

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Di fatto ieri il mondo ha assistito in Argentina a un nuovo risveglio liberale in una società dominata dallo stato, dai sussidi, dalle tariffe, dal controllo dei prezzi e da una delle inflazioni più alte al mondo. […] Milei si considerava prima di entrare in politica due anni fa un “anarco-capitalista” ma, da allora, ha fatto un’evoluzione obbligata per arrivare alla presidenza, sparigliando le carte del dualismo argentino “peronismo-antiperonismo”.

A differenza di Trump, al quale molti lo paragonano in Italia, il neo presidente non è spaventato dall’immigrazione come molti destrorsi a livello planetario e mostra un profilo moderno, difendendo la libertà sessuale e individuale ma criticando le «quote per le minoranze, rose o indigene che siano» e i discorsi “collettivisti” del neo-femminismo e dei gruppi LGBT. Contrario all’aborto perché «anche i non nati hanno libertà civili», per Milei le famiglie dovrebbero avere la possibilità di scegliere tra istruzione pubblica e privata. Inoltre si oppone alle politiche woke e ai lockdown sanitari […]

Paolo Manzo, 20 novembre 2023

Articolo pubblicato precedentemente da Tempi che potete leggere integralmente qui.


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