Non chiedetemi perché ma a me Rula Jebreal rimanda in modo quasi proustiano a John “the Beast” Mugabi, il pugile ugandese che negli anni ‘80 arrivò a sfidare Marvis Marvelous Hagler. Rula non è marvelous ma non è neanche una beast, è solo una che con le stupidaggini ci fa marciare i treni e si è costruita una curiosa, assai autoreferenziale carriera di analista politica dei due mondi; l’ultima ha a che vedere col nostro Nicola Porro, accusato di essere più o meno, anzi né più né meno, un suprematista bianco avendo intervistato Elon Musk, uno che se fa l’auto elettrica è di sinistra, se compra Twitter è di destra, se lo intervistano Concita o Damilano, magari spacciandolo per un migrante con gli stivali, è di sinistra, se lo intervista Porro è di estrema destra e a questo punto il povero Gaber si suicida. Cos’è la destra, cos’è la sinistra? Due apostrofi black nella prosa di Rula, copio direttamente da Nicola perché è sabato e non ho voglia di faticare: “La giornalista definisce il conduttore come ‘un propagandista di estrema destra‘, paragonandolo a Tucker Carlson, ovvero l’ex conduttore di Fox News. Ma il peggio deve ancora arrivare. Secondo Rula, Porro sarebbe famoso ‘per i suoi feroci attacchi contro chiunque critichi Meloni e per aver ospitato teorie del complotto anti-vax e pro-Putin’”.
Ma come si fa. I feroci attacchi. Il propagandista. Porro come la Leni Rifenstahl. Ma che cazzo. Se c’è una critica che si può fare al conduttore di “Quarta Repubblica” è di essere fin troppo ecumenico, o garantista, come vi pare: le sue trasmissioni a volte rasentano i parterre d’antan di Michele Santoro, pieni zeppi di comunisti di tutte le fogge, old fashoned, new style, pseudoliberali, very liberal, stalinisti, lottacontinua, centri sociali, climatini, tendine, sardine, e in più qualche onusta professoressa rimasta a sinistra della rivoluzione d’ottobre. E come sbraitano tutti, liberissimi di svalvolare. Dove minchia abbia visto Rula tanta faziosità non si capisce, forse da Fazio.
Per approfondire
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Rula. Simpatica ragazza. Col suo metro, siccome Porro intervista Meloni, dovremmo concludere che lei è una nazista di stampo rosenberghiano essendo stata fidanzata con quello svalvolato antisemita di Roger Waters, riconosciuto e bandito da mezzo mondo (dopo essersi legata al regista ebreo newyorkese Julian Schnabel). O di stipare chissà quali scheletroni nell’armadio fin da quando si faceva fotografare dal “dio” di Hollywood Weinstein, poi degradato a porco: la nostra former fisioterapista è così, passa dal massaggiare il potere a sculacciarlo, così si fa, il salto con l’asta sul carrozzone che passa, dal metoo al black lives matter ce n’è sempre uno. Ma sarebbe scendere alla sua logica più bulla che intelligente e sarebbe ingeneroso, troppo facile, troppo scorretto. Troppo Rula. Come quando, appena ieri, raccontava il padre di Giorgia Meloni tipo un narcos colombiano lasciando sospettare che la figlia, pericolosa ultrafascista, ci fosse in combutta, siccome dimenticava di precisare che la premier non ci aveva più avuto a che fare dall’età di dieci anni e lo aveva formalmente ripudiato. Cresciuta senza padre, ma lo omettiamo, non è rilevante. Questa è l’informazione dei debunker, ma più alla Max Bunker, il Gruppo TNT.
La nostra ex modella delle borsette Carpisa, promossa commentatrice globale: prodigi del secolo scorso. Si chiede Porro vagamente sconcertato: che faccio, la querelo o le suggerisco un analista? In tutti i modi vaste programme, mon ami: i giudici, riforma o meno, restano, come sempre, dei poveri comunisti, gli psycho pure di più, analisti, psicologi, terapeuti sono le professioni della modernità pubblicitaria che vanno dove li tira il consumo, quelli della Lombardia hanno appena aderito alla paccottiglia genderfluid, utero leasing, eterofecondazione, come se la normalità mentale fosse quella e un uomo e una donna che si incontrano e fanno figli, invece, una aberrazione della natura. E c’ha ragione Renato Zero, c’ha: Freud di coscienze ne ha stranite pure lui.
Jebreal non ha niente a che fare con questi, mentalmente è incurabile non perché tarata, tutt’altro, è perfettamente in control, lucida, lei ha una sua idea di etica, di cotica, di informazione che consiste nello sformare. Se si pensa che dà del putiniano cospirazionista a Porro il quale sul Twitter di Musk sta in fama di zelenskiano atlantista e guerrafondaio. Porro se lo conosci lo capisci: gli piace talmente vivere, e lavorare, e stare bene, che non ha tempo per i fondamentalismi, le militanze, non gliene frega un cazzo, è l’ultima persona di questo mondo a volersi complicare l’esistenza. In più crede veramente nella vecchia faccenda di dar la parola a tutti, di far circolare le opinioni, meglio se contrapposte. Ci si diverte, ci si intriga meglio che a giocare a tennis. Figurati se Jebreal può capire uno fatto così.
Our sweet Rula, la suffragetta che condanna i ricchi da (ex) sposata a un banchiere, per giunta figlio di un boss del giro Goldman Sachs. Cosè il globalismo, cos’è il noglobalismo. You know, a destra della sinistra, a sinistra della destra, non proprio nera, non esattamente povera, ma portabandiera delle nere povere, amica di Weinstein ma a fianco delle donne molestate da Weinstein, elitaria solidale, ebrea però palestinese, però israeliana, però amerikana, però antiamerikana, però italiana, però in Italia c’è razzismo però, surprise surprise. Esistenzialismi fluidi, traiettorie non binarie del successo. Non bastavano i lunatici e i mattocchi social, ci mancava pure l’ex ragazza Rula che svalvola in inglese, così fa più global. Alla vigilia del match, chiesero al manager di Mugabi se non avesse paura di incontrare Hagler; rispose il manager: “He too stupid to fear”, è troppo stupido per avere paura. Del ridicolo, eventualmente.
Max Del Papa, 17 giugno 2023