Durante la “vecchia” guerra fredda la difesa italiana era concentrata sulla difesa della “soglia di Gorizia, il varco dal quale le truppe di Varsavia avrebbero potuto dilagare nella Pianura Padana, tagliare l’Italia ed occupare il Nord industriale, e prevedeva in ambito NATO la difesa dei rinforzi e dei rifornimenti che avrebbero dovuto arrivare dall’Atlantico.
Oggi non c’è il patto di Varsavia, è tornata prepotentemente la Russia, la minaccia è veramente forte, la difesa è incerta tra NATO (pronta ma anziana ed acciaccata dai picconatori) e UE (ancora un sogno, che deve nascere tra ReArm Europe – Reinforcement European Armament and Manufacturing – e Readiness 2030, altrimenti presentato quale Libro Bianco della difesa europea).
Una cosa è certa, l’Italia è ancora e sempre di più in prima linea: non lo siamo più (anche se le distanze sono brevi) via terra con la soglia di Gorizia, lo siamo via mare, con la Russia ancora e sempre posizionata in Mediterraneo, questo volta più vicino, certamente saldamente ancorata il Libia, posizionata in qualche modo in Algeria, tentando di recuperare nel mediterraneo Orientale.
Dov’è pertanto la nuova soglia (di minaccia e di difesa)? Secondo il Seacs (“Giuseppe Bono”), impegnato da mesi in una analisi sulla marittimità e sulla necessità di trovare sul mare le chiavi dei nuovi assetti geopolitici, questa soglia è senza ombra di dubbi la Sicilia.
La “soglia di Sicilia”, anche come terminale del corridoio centrale europeo, quello n.2 che comprende anche l’energia, è un punto critico, fragile, quanto i confini terrestri nordorientali della UE, quanto il Baltico ed il Golfo di Finlandia
È una prima linea della difesa nazionale, della UE, della NATO.
La sicurezza nazionale, come quella della stessa Europa, in termini di rifornimenti e commercio si gioca e si tutela sul mare, e la marittimità, con la sua componente navale, è il peso dell’Italia in un riequilibrio della difesa e quindi del potere e della credibilità prima della UE (e della NATO) e poi globali.
Non può essere solo testimonianza di un paese che ha venduto la sua primogenitura (anche di posizione) per “un piatto di lenticchie” tra l’altro troppo costoso, e la primogenitura, una volta persa, non si può più recuperare.
Lo stesso Libro Bianco della difesa europea, il piatto di lenticchie di cui sopra, un testo ancora di lineamenti tutti da discutere, sembra scritto da un burocrate che il mare non l’ha mai visto e non ci va nemmeno a fare i bagni a Ferragosto.
La minaccia viene dal mare, e non va difeso solo il terminale (la soglia di Sicilia) ma le linee di traffico, a partire dagli oceani, e per questo occorre trattare la “politica degli stretti”, di cui la soglia di Sicilia deve far parte; la sicurezza e la difesa dei rifornimenti che dovrebbero arrivare per assicurarla non riguarda più il solo accesso dall’Atlantico, ma tutti gli Oceani e quindi il tema dei choke points,
Parlare di Mediterraneo solo o ristretto, o concedere il Mediterraneo allargato, concetti validissimi nella prima guerra fredda e nella transizione immediatamente successiva, oggi può risultare fuorviante, e comunque parlare di Mediterraneo è una facile induzione a concetti errati, a limitanti delle nostre necessità di difesa, nostre, poi da giocare nel consesso e nelle forme strategicamente più opportune.
Qualcuno con la parziale chiusura di Suez aveva candidamente evidenziato il rischio di una trasformazione del Mediterraneo in un lago chiuso fuori dalle grandi direttrici del commercio internazionale e privo di valenza strategica. E’ invece l’esatto contrario. E non si tratta solo di “Difesa Europea”; il miglior contributo che l’Italia può dare, per la sua posizione e la sua natura, è sul mare e la difesa della marittimità ovunque e comunque, e su questo ha credibilità ed esperienza rispetto ai propri partner, europei ed atlantici, e questa è già una delle applicazioni del principio di “complementarità e non duplicazione”
Che piaccia o meno, ma occorre essere pragmatici, l’architettura di sicurezza europea è fondata sull’Alleanza Atlantica; anche se l’Europa deve crescere in termini di autonomia strategica, nessuno si può permettere una rottura con gli Stati Uniti.
L’Italia , per il patrimonio di conoscenze, capacità ed anche efficienza che si è accumulato in oltre settant’anni potrebbe impegnarsi a promuovere un rafforzamento delle capacità europee nel quadro della NATO, secondo il principio di “complementarità e non duplicazione”.
Si è usato il temine improprio e urticante di “riarmo” ma si parla troppo spesso, ed a sproposito, solo di “Esercito europeo”, e le enunciazioni del “Libro Bianco” sono una dimostrazione di queste pericolose limitanti, inducendo concetti errati quando la minaccia è multidimensionale e si deve invece parlare di “Difesa Europea”… nelle tre componenti. Non tanto quelle tradizionali: cielo, terra e mare, quanto quelle attinenti l’habitat marittimo e la marittimità: sopra il mare (droni e aerei con base navale), sul mare ( navi delle Marine militari ma anche navi logistiche) e sotto il mare (la nuova frontiera del confronto subacqueo).
Bruno Dardani, 31 marzo 2025
Nicolaporro.it è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati (gratis).