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Perché sbaglia chi definisce Sinner un “dopato”

Il tennista è risultato positivo al Clostebol ma è stato assolto per “assunzione inconsapevole”. Ma c’è chi lo accusa

Jannik Sinner Australian Open Djokovic

Quella di ieri è stata la giornata di Jannik Sinner ma non per le sue prodezze sui campi da tennis. L’altoatesino è finito nei guai con l’antidoping a causa di uno spray assunto indirettamente dalle mani del suo fisioterapista. Il numero uno del tennis mondiale ha registrato una doppia positività ad una sostanza anabolizzante – metaboliti del Clostebol (bassi livelli, meno di un miliardesimo di grammo) – vietata dal Codice mondiale antidoping, ma un tribunale indipendente ha assolto il 23enne perché “non ha alcuna colpa o negligenza”.

La vicenda potrebbe non terminare qui. La Wada o la Nado Italia hanno a disposizione tre settimane per presentare ricorso al Tribunale arbitrale dello sport di Losanna. La vicenda è ormai nota a tutti: Sinner è stato trovato positivo a seguito dell’assunzione, involontaria, del contenuto di uno spray da banco – il Trofodermin – che in Italia, a differenza di altri Paesi, non necessita di prescrizione medica. Il medicinale è stato utilizzato da Umberto Ferrara, preparatore atletico di Jannik, per curare una piccola ferita e il 55enne ha dimostrato di aver acquistato il farmaco il 12 febbraio scorso presso la farmacia ‘SS Trinita” di Bologna. Come ricostruito dal tribunale indipendente, il 3 marzo il fisioterapista di Sinner, Giacomo Naldi, si è ferito al mignolo della mano sinistra con uno scalpello ed è stato Ferrara a dargli il prodotto contenete la sostanza proibita. Poi, in un secondo momento, la contaminazione avvenuta tramite un trattamento.

Il primo test è avvenuto nel corso del torneo di Indian Wells il 10 marzo scorso, il secondo è stato condotto il 18 marzo e in entrambi i casi è stato rilevato il metabolita incriminato in quantità infinitesimale. Sinner ha fatto ricorso contro tale sospensione in entrambe le occasioni, e così gli è stato permesso di continuare a giocare, fino all’assoluzione odierna, una sentenza contestata da diversi tennisti sul web, da Kyrgios a Shapovalov. Ricordiamo che la sanzione di riferimento nel caso in cui un giocatore venga ritenuto colpevole per violazioni antidoping è di quattro anni complessivi. Ma perché è un’idiozia trattare la stella del tennis mondiale come un “dopato”?

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In rete non sono mancate sparate o castronerie, eppure basterebbe leggere quanto sostenuto dai tre esperti Jean-François Naud, Xavier de la Torre e David Cowan. Il primo ha evidenziato di ritenere estremamente plausibile la spiegazione di Sinner, rimarcando che in letteratura scientifica di simili casi si è sentito. La plausibilità della contaminazione è stata condivisa da de la Torre, mentre Cowan è entrato nello specifico, sottolineando che lo spray Trofodermin contiene 5 milligrammi per millilitro, mentre i test di Sinner hanno registrato quantità infinitesimali, di meno di un miliardesimo di grammo. Ma non solo: anche se l’assunzione fosse stata intenzionale, l’ammontare era talmente misero che non avrebbe conferito alcun vantaggio. Basterebbe quest’ultimo dettaglio a zittire chi è pronto a denigrare il fuoriclasse del tennis.

Semplicemente una situazione sfortunata e la verità – fortunatamente – è venuta fuori. E non mancano i precedenti a supporto, entrambi con protagonisti due tennisti italiani: Matilde Paoletti e Marco Bortolotti. In entrambi i casi la sentenza è stata la stessa di Sinner: nessuna colpa o negligenza. Le versioni dei due atleti nostrani sono state ritenute credibili dai giudici, anche se c’è stata una differenza nei tempi: se anche per Bortolotti la questione si è risolta in brevissimo tempo, Paoletti ha attraversato quattro mesi da incubo prima di essere scagionata.

Franco Lodige, 21 agosto 2024

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