Dici che siamo alla dittatura, ancora morbida ma dittatura, e i servi truci, subito: zitto, merda, chiudi la bocca, non ti azzardare. Che è precisamente il segno della dittatura. Ma vogliamo vedere le cose per come sono, vogliamo, come diceva Pasolini, collegare i punti in apparenza lontani?
Prove di dittatura
Damnatio per chi obietta, infamato come negazionista, nazista; obbligo di girare mascherati all’aperto; esercito per i dissidenti; avvisaglie di isolamento totale; l’ennesima virologa – ormai una pandemia, sono come i supereroi, ne trovi a un soldo la dozzina – che ordina, non si sa da quale pulpito: distanziamento sociale anche in casa, mascherina anche in casa; su Twitter un autore di televisione goliardica stila il suo decalogo: “mettete la mascherina, usate la app e non rompete il cazzo”. Proprio così dice, non rompete il cazzo, per dire non fiatate, muti e obbedienti. E la canea furibonda contro chi non si adegua. Il premier eletto da nessuno Conte, va ad Assisi, si affaccia da un balcone e arringa la folla mentre nel cielo sfilano le frecce tricolori: immagine ducesca, ma si precipitano gli zelanti a spiegarti che il vero tiranno sei tu. Non è dittatura sanitaria, è dittatura e basta e verranno a prenderci a casa, uno per uno.
Scenari argentini o cambogiani. Anche l’opposizione che c’è ma non c’è “non rompe il cazzo”, sta muta e rassegnata ed è sempre più insistente il sentore di qualcosa che non si comprende, come una forza mostruosa e invincibile. L’Oms che le ha sbagliate tutte ammette serenamente che il lockdown globale è “una misura politica” ma non dobbiamo farci caso, non dobbiamo “rompere il cazzo”. Strana pandemia: colpisce solo l’Occidente capitalista, l’Africa, che non ha difese, ne è immune. Forse perché è già stata acquisita dalla Cina e non conviene insistere. L’Europa invece si può comperare, pezzo a pezzo, dopo averla imbavagliata e fatta fallire, l’America è sufficiente indebolirla.
Per chi lavora questa genia zdanoviana? È semplice: lavora per se stessa, nei giornali, nelle televisioni è segreto di Pulcinella che se non ti adegui ti fanno fuori. Un po’ come in certi ambienti dello spettacolo dove se non ti presti ai traffici e alle pratiche più oscene sei espulso. Mentre ciascuno lavora per sé, il paese si sfilaccia, si logora, si ripiega nella morìa di aziende, di negozi, di imprese, di attività. Ma a chi importa.
Dittatura morbida, ma fino a quando? Il venerabile maestro Piero Angela, divulgatore di documentari, trova che “non c’è abbastanza pressione, ci vuole l’esercito contro gli untori senza mascherina”: non mette paura? Il genetista Crisanti è un altro diventato difficile da seguire, un giorno dice che le scuole sono focolai, che bisogna impedire agli alunni di cantare, un altro che le mascherine all’aperto sono inutili e tu lo ascolti e ti chiedi: ma è rinsavito oppure sta rilanciando, vuole qualcosa di più? Perché alla fine non è come dice Bergoglio, che il virus è colpa del mercato ma il contrario, il mercato sfrutta il virus: dopo la saturazione delle mascherine, il business delle visiere di plastica, poi i guanti, poi, chissà, le calosce e le tute immunizzanti come nei film di fantascienza e forte è il sospetto che vogliano trasformarci in tanti profilattici saltellanti in giro, umanità cazzona, sterilizzata e contenta.
Democrazia paternalistica
Servirebbe una nuova resistenza, ma che fai? Vai in montagna? Contro chi? Contro chi se il grosso della gente è irrazionale e odia chi ragiona, se nutre un pensiero sciamanico, scaramantico? La griffe resistenziale se l’è presa l’Anpi, una di quelle associazioni residuali in mano al Pd che la manovra alla bisogna e si fa strada un curioso concetto di resistenza che non è contro il regime ma lo puntella, lo blinda. Contro chi, se perfino il pontefice argentino maledice chi ragiona e non si arrende al cristianesimo pagano, medievale?
C’è, vogliamo dire, un tragico vuoto di intenzioni e di prospettive, mancano gli spazi per reagire, per organizzarsi se non c’è neppure una opposizione politica in grado di rappresentare l’insofferenza. Così come Mick Jagger nel ’68, anno di tumulti, se la cavava cantando “ma che cosa può fare un povero ragazzo nella Londra assonnata se non cantare in una band di rock and roll”, anche il cronista potrebbe dire: ma che diavolo posso fare io se non continuare a scrivere su uno schermo? Siamo pochi e siamo soli, collegati ma soli, isolati. Le nostre parole non contano niente, si infrangono contro muri che non sono di gomma, sono bastioni poderosi, fortezze inscalfibili, sono le colonne immani del conformismo e dell’opportunismo e dell’irresponsabilità spacciata per buon senso. Il tratto squisito della dittatura è mascherarsi da democrazia paternalistica, ti impedisco di vivere ma nel tuo interesse, ti segrego per il tuo bene. E tu devi essere riconoscente e non devi “rompere il cazzo”.
Se non ti sta bene, se non lo capisci che ti uccido per farti morire sano, allora ti serve un aiuto: un tetro bussare alla porta, “venga con noi” e il problema è risolto. Sì, d’accordo, sto esagerando, sono un malato, un alienato, sono uno che “rompe il cazzo” ma che pensare quando a questo esito collaborano tutti dalla Cina virale all’Unione europea dei clandestini? Quando esci e vedi una città di zombie in mascherina sotto al sole? Quando i numeri veri non contano, i luminari dissidenti vengono umiliati da campagne mediatiche criminali e i cittadini dissidenti inseguiti, insultati, pestati? Quando l’indifferenza e l’apatia diventano assuefazione? Il Wall Street Journal ha raccontato che Manhattan, il distretto newyorkese più ricco del mondo, sta praticamente fallendo a causa del lockdown: nessuna reazione. Una virologa cinese ha dichiarato che il virus è artificiale, l’hanno creato in laboratorio. Poi è fuggita in America prima che la facessero fuori. Ma, come dice D’Alema, sempre un po’ comunista: “La Cina è una grande civiltà e demonizzarla non ci conviene”. E Bergoglio la pensa allo stesso modo.