Il partito della resa, che invoca la capitolazione degli ucraini per far tacere le armi, si potrebbe paragonare alla descrizione che Winston Churchill aveva dei pacifisti: “Nutrono un coccodrillo, sperando che lo mangi per ultimo”. Gli sventolatori della bandiera bianca, che nel contesto bellico significa rinunciare a proseguire le ostilità, non comprendono le conseguenze che l’atto di consegnarsi al nemico avrebbe per Kiev ed altri popoli liberi. Consentire a Putin di annettersi l’Ucraina, per stabilirvi un governo fantoccio e ventriloquo dell’autocrate moscovita, equivale ad autorizzare il dilagare della volontà di potenza neozarista.
Resa ucraina, le possibili conseguenze
La Russia, con l’accettazione remissiva della violazione territoriale perpetuata allo stato sovrano ucraino, non avrà freni inibitori per replicare lo schema aggressivo ed egemonico sulla Moldavia, la Georgia e le Repubbliche baltiche. Ogni giorno assistiamo all’evacuazione di decine di migliaia di civili che, attraverso i corridoi umanitari, raggiungono l’agognata protezione nell’afflizione dello sradicamento dalla propria patria. Con l’imminente ingresso delle truppe russe a Kiev il conflitto bellico si configurerà in guerra urbana con pesanti perdite nelle file degli invasori e massacri di popolazione civile. La colonna di carrarmati russi, lunga 60 chilometri, aveva anche una funzione ostentativa di pressione psicologica sulla resistenza di Kiev per indurre Zelensky ad un compromesso.
Occorre riconoscere allo schieramento ucraino la tenacia nel difendere la propria libertà e nell’aver depotenziato i piani di Putin, facendo emergere delle criticità indiscutibili nel campo avverso che ha adottato uno schema militare convenzionale e impreparato a gestire gli attacchi della resistenza in formazione di guerriglia. Ci sono degli elementi inoppugnabili che stanno decretando il fallimento di Putin: voleva la russificazione dell’Ucraina mentre sta emergendo la sua europeizzazione, pensava di dividere l’Ue invece si è compattata in un blocco adamantino, sperava nella divaricazione fra l’Europa e la Nato che, all’opposto, confermano l’irreversibilità dell’intesa, attraendo nell’orbita atlantica la Finlandia e la Svezia.
Il successo di Zelensky
Inoltre, non si può omettere il successo di Zelensky nella comunicazione, proiettandosi con il suo volto nella rete con la narrazione epica dell’opposizione al dispotismo del Cremlino. Quest’ultimo ne è uscito, viceversa, totalmente screditato agli occhi del mondo. La scelta di isolare l’opinione pubblica russa, limitando l’accesso ai social, è un modo per far calare una cappa disinformativa sulla popolazione a cui è inibita la fruibilità delle fonti mediatiche non allineate. Due modelli agli antipodi che demarcano una differenza abissale a cui non si può essere indifferenti se si professano i valori della libertà.
Il fallimento Putin
Putin con le sue mire espansioniste, plasmate da una vocazione revanscista, pensa di riscattare la Russia dalle frustrazioni patite in seguito alla disgregazione sovietica, ma sta rischiando di generare un ulteriore fallimento su cui potrebbe innescarsi una dinamica implosiva e trascinarsi alla consunzione. L’Occidente si è dimostrato solidale verso Kiev e compatto nella reazione all’aggressione russa evitando di fomentare l’escalation militare sia preservando lo spazio del negoziato sia non concedendo la no-fly zone sollecitata dall’Ucraina.
Dunque, i veneratori della resa di Zelensky, come prodromica della pace, rischiano di incarnare la categoria leninista degli “utili idioti”: utili alle pretese egemoniche di Putin e idioti nel propugnare uno scenario preordinato a sacrificare ulteriori spazi di libertà. Issare la bandiera bianca corrisponde ad ammainare il vessillo della civiltà libera e non capirlo equivale a nutrire l’ego degli oppressori, incoraggiandogli ad ulteriori dimostrazioni muscolari.
Andrea Amata, 13 marzo 2022