In molti ce lo siamo chiesto: quando terminerà la politica spargipanico, adottata per affrontare la pandemia? Fino a quando dovremmo sopportare le continue imposizioni di mascherine, certificazioni verdi o periodiche somministrazioni di dosi di vaccino? Si badi bene: chi scrive è triplamente vaccinato non solo per obbligo – di fatto, per partecipare alla vita sociale – ma anche perché lo ritiene strumento essenziale per combattere il Covid-19. E così è stato: con l’aumento vertiginoso della percentuale di vaccinati, si è giunti ad un calo dei decessi, degli ospedalizzati e dei ricoverati in terapia intensiva.
Nonostante tutto, non si possono nascondere, come polvere sotto il tappeto, alcuni problemi sostanziali, economici e logistici che attanagliano la campagna vaccinale. L’efficacia del vaccino, come ben sappiamo, copre un periodo di soli quattro mesi. Decorso questo termine, ecco che il rischio di contrarre il contagio e la malattia comincia ad aumentare progressivamente. Molti diranno: “Per questo è necessaria la quarta dose”. Esatto, ma come potremmo organizzare campagne vaccinali periodiche di quattro mesi? E per quanti anni? Qual è la mastodontica cifra che lo Stato dovrà sborsare per garantire milioni di vaccini gratis?
Tali dubbi, però, non sembrano interessare il Ceo di Pfizer, Albert Bourla, il quale non solo ha definitivo necessaria la somministrazione della quarta dose a tutti, ma ha pure predetto “nuove e costanti ondate di Covid”. Questo perché “le persone si stanno stancando delle normative sulla sicurezza del Covid-19”, sottolineando “l’autocompiacimento nei confronti del virus, la politicizzazione della pandemia e la diminuzione dell’immunità dai vaccini e dalle infezioni precedenti”. Secondo Bourla, a distanza di due anni e mezzo dallo scoppio della pandemia, i cittadini dovrebbero continuare ad utilizzare i dispositivi ed applicare le regole di protezione – mascherine, distanziamento, ecc. – che abbiamo conosciuto nel corso di questo tragico biennio.
Insomma, non è il Covid che non sembra abbandonarci più, sono i poteri che la politica ha adottato per affrontarlo. Poteri che, fin dall’inizio, sono stati esercitati in contrasto con le basilari libertà costituzionali del cittadino. In modo particolare, in Italia, vincolando principi fondanti dell’ordinamento giuridico attraverso semplici atti amministrativi. Lo stesso Bourla ha ammesso come il vaccino non sia la panacea di tutti i mali: “Sono in arrivo molte varianti e Omicron è stato il primo in grado di eludere la protezione immunitaria che stiamo fornendo”. E confessa: “La protezione che stiamo ottenendo dalla terza dose non è così buona contro le infezioni e non dura molto a lungo, di fronte a una variante come Omicron”.
L’obiettivo sembra lo stesso del regime cinese: la politica da “Covid-Zero”. L’approccio della convivenza con il virus, che dovrebbe caratterizzare una democrazia liberale, senza costanti lesioni del diritto della libertà personale del cittadino, è ancora trascurato, emarginato, non preso in considerazione. Lo scopo non è più la riduzione di decessi e ricoverati; il problema sono i contagiati, seppur la gran parte siano asintomatici. Con queste modalità, la Cina si è ritrovata a richiudere il Paese per la sola presenza di semplici positivi – che, grazie al vaccino, non hanno alcun sintomo. A Shanghai, sono stati creati appositi centro di contenimento per tutti i cittadini che avessero contratto il Covid, strappati dalle loro case e famiglie, proprio perché considerati un rischio sanitario.
In Europa, fortunatamente, queste scene sono inimmaginabili, impensabili, inconcepibili. C’è, però, uno spettro che aleggia nelle nostre menti: l’idea che l’unico modello efficace per sconfiggere il virus sia quello cinese, fatto di autoritarismo, illiberalità, limitazione. In Italia, ha posto le proprie basi, neanche tanto implicitamente, con il secondo governo di Giuseppe Conte. Ma la mentalità dell’élite occidentale sembra avvicinarsi a quello stile: la politica serve per tutelare l’interesse collettivo, anche a costo di violare i singoli diritti individuali.
Eppure, il principio essenziale di legittimazione della classe dirigenziale è proprio quello della rappresentanza, della scelta da parte dei cittadini dei propri rappresentanti, che agiscono in quanto delegati dal popolo stesso, nel rispetto dei limiti costituzionali. Questo principio sembra essere stato dimenticato. E l’influenza del comunismo cinese diventa più forte che mai.
Matteo Milanesi, 27 maggio 2022