L’avvicinarsi delle elezioni regionali in autunno e una serie di appuntamenti elettorali a livello locale nelle prossime settimane, determinano un incandescente dibattito politico sui territori riproponendo schemi e polemiche politiche fuori tempo che, invece di basarsi sulle idee e sui contenuti, alimentano un clima di scontro e divisione che la maggioranza degli italiani vorrebbe consegnare al passato.
Diventa così paradossale che la campagna elettorale nelle Marche, una regione duramente colpita dalla crisi economica, con problematiche di carattere infrastrutturale nelle autostrade, con un preoccupante calo della natalità, sia incentrata sulla partecipazione del candidato del centrodestra Francesco Acquaroli a una “cena fascista” organizzata lo scorso ottobre ad Acquasanta Terme. Nonostante Acquaroli abbia spiegato in più occasioni di non conoscere i contenuti della grafica del menù con richiami nostalgici e aver subito preso le distanze dall’iniziativa, ancora oggi la sinistra lo accusa addirittura di aver organizzato la cena. Chi conosce la storia politica di Acquaroli sa quanto sia paradossale etichettarlo come fascista ma il punto è più profondo: è possibile che il dibattito politico italiano sia ancora fermo alla contrapposizione fascisti antifascisti? La cena di Acquasanta è stata senza dubbio un’iniziativa sbagliata e fuori luogo ma voler incentrare una campagna elettorale su questo tema, cercando di far passare Acquaroli per un fascista, è ridicolo.
Nel segno di un superamento di divisioni che risalgono ai decenni passati, va letta l’iniziativa proposta dal consigliere comunale di Fratelli d’Italia Giuseppe Talone a Terracina di intitolare una piazza ad Almirante e Berlinguer come riporta un articolo del Messaggero a firma di Rita Recchia. Nicola Procaccini, già sindaco della città laziale prima di diventare eurodeputato, spiega: “l’idea nasce come un riconoscimento all’impegno politico a prescindere dall’area di appartenenza e come un segnale agli indifferenti, ai passivi, a chi non sente il bisogno di battersi per i più deboli e per la propria terra”. Ma è anche un atto simbolico (che avverrà nell’ultimo consiglio comunale prima delle elezioni comunali di settembre) per chi ancora oggi, invece di superare il clima di guerra civile che ha diviso gli italiani quasi ottant’anni fa, cerca di riattualizzare una frattura che non ha più ragion d’essere.
Ultimo comune in ordine di tempo che vuole approvare una mozione in cui obbligare qualsiasi cittadino, partito o associazione che richiede l’occupazione di suolo pubblico a rilasciare una dichiarazione sottolineando “l’importanza dell’antifascismo”, è Mercato Saraceno, piccolo comune romagnolo guidato dal sindaco di sinistra Monica Rossi (vicina al Pd).
Peccato che la bozza fatta circolare dal gruppo di maggioranza, sia infarcita di errori storici, il più eclatante la richiesta di rinnegare il fascismo in nome dei valori “libertari e democratici racchiusi all’interno di un pieno e consapevole sentimento antifascista”. L’utilizzo del termine libertario come sinonimo di libertà esplicita una superficialità tipica di chi, invece di favorire una lettura della storia il più oggettiva possibile, cerca di utilizzarla con finalità politiche.
È esistita una sinistra libertaria, vicina all’anarchismo ma non c’entra nulla con la resistenza italiana, così come lascia basito il doppiopesismo di chi non ha speso una parola per la deriva iconoclasta in atto in Occidente, per la vandalizzazione della statua di Indro Montanelli e scrive: “è compito delle istituzioni preservare la storia da revisioni, semplificazioni o strumentalizzazioni”. Compito delle istituzioni sarebbe quello di favorire l’unità tra i cittadini e non attualizzare divisioni che andrebbero consegnate al dibattito storico e non a quello politico contemporaneo.
Francesco Giubilei, 22 luglio 2020