Piero Gobetti, la vera storia di cui nessuno parla

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C’è un Gobetti poco conosciuto e occultato che la bella antologia dei suoi scritti biografici curata da Corrado Ocone per Historica contribuisce a disseppellire (Italiani illustri, pagg. 147, euro 15). È il Gobetti che segue le lezioni di Einaudi all’Università di Torino, che stabilisce con lui un rapporto di amicizia e collaborazione, che si fa editore di un suo libro (Le lotte del lavoro) e gli affida la prefazione dell’edizione italiana del saggio Sulla libertà di Mill.

Quel saggio, intitolato La bellezza della lotta, può essere considerato una buona sintesi anche del pensiero del giovane torinese, che tenne sempre fermo, col suo maestro, il concetto della politica come accesa competizione fra interessi e idee diverse e selezione della classe dirigente attraverso la lotta. Egli fu perciò sempre rigorosamente liberista, nonché federalista e persino autonomista, ed ebbe in odio il socialismo che intendeva come centralizzazione del potere, statalismo, protezionismo, burocratismo. «Nessun cambiamento – scrisse sulla sua rivista, La rivoluzione liberale – può avvenire se non parte dal basso, mai concesso ed elargito, se non nasce nelle coscienze come autonoma e creatrice volontà di rinnovarsi e rinnovare».

Influenzato dal Gramsci autore dell’articolo sulla Rivoluzione contro il Capitale, interpretò la nascita dei soviet in Russia e dei consigli di fabbrica nella sua Torino come una rivolta degli operai contro i dogmi del marxismo e del dirigismo socialista. Fu una clamorosa cantonata, che la storia avrebbe presto provveduto a smentire. La sua opposizione al fascismo fu altrettanto netta (Gobetti non era uomo di mezze misure). In esso egli vedeva la sintesi, spinta alle ultime inferenze, delle storiche malattie italiane: retorica, cortigianeria, demagogismo, trasformismo. D’altronde, il motto delle sue edizioni era significativamente l’espressione di Alfieri: «Che ho a che fare io con gli schiavi?».

Come editore la sua apertura fu totale, senza preclusioni politiche: Montale, Prezzolini, Mosca, Malaparte, solo per fare qualche esempio. Il pensiero di Gobetti è tanto originale quanto poco classificabile. Ci si è spesso chiesti se Gobetti fosse un liberale autentico o no. Per Ocone «è una domanda di scuola, poco interessante, che ha il vizio di ridurre il liberalismo a un modello astratto e di precludersi una visione a tutto tondo dell’idea di libertà, la quale va intesa come un’energia e un accadimento, come vita, cioè proprio come la intendeva Gobetti»

Nicola Porro, Il Giornale 2 luglio 2023

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