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Più elogi che voti: ecco quanto vale il partitino di Di Maio

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Per ora sono più gli elogi, che la buona stampa draghiana non ha fatto mancare a Luigi Di Maio, che i voti alle urne. Urne virtuali, s’intende, visto che di andare alle elezioni per ora non se ne parla. Almeno fino a lunedì, quando è previsto un incontro tra Mario Draghi e Giuseppe Conte dopo le liti e le incomprensioni di questi giorni. Il leader (?) del M5S non esclude di strappare e mettersi all’opposizione. Eventualità che, Draghi e Mattarella dixit, farebbe chiudere la partita del governo e della legislatura.

Il problema, e qui torniamo a Di Maio, che quasi nessuno è intenzionato ad andare al voto. Non i parlamentari, che ancora attendono settembre per motivi diciamo pensionistici. Non i partiti, che – a parte forse Fratelli d’Italia e Pd – non nuotano in ottime acque. In fondo la tornata delle amministrative lo ha dimostrato ampiamente: nessuno, né il centrodestra né il centrosinistra, si può dichiarare vero vincitore. La sinistra ha perso sindaci rispetto a cinque anni fa, la destra divisa s’è fatta strappare città simbolo come Verona. A emergere, piuttosto, è stato il voto dell’astensione.

Ma se si andasse domani alle elezioni, come voterebbero gli italiani? Partiamo dal M5S, che ha subito la scissione del ministro degli Esteri e del suo Insieme per il futuro. La compagine di Conte è in calo dell’1,6% e si ferma al 12,1% dei voti, molti meno di quelli conquistati quattro anni fa. Giggino, invece, non va oltre il 2,3%, una percentuale molto vicina a quella di molti altri partiti che affollano il centro: Italia Viva di Matteo Renzi (2%), Azione di Carlo Calenda (3,8%), Verdi (2,4%).

A sinistra può dirsi in parte soddisfatto Enrico Letta. Con il 20,8% il suo Pd risulta il primo partito, anche se di poco. E soprattutto perde qualche punto percentuale rispetto alle precedenti rilevazioni. Decisamente più indietro Sinistra Italiana (1,8%) eArticolo Uno (1,2%). Mettendo insieme l’intero campo largo, sempre che ci si riesca davvero visto che Calenda non sembra interessato ad accordi con Conte e Di Maio, si fermerebbe al 46,4% dei voti. Abbastanza per superare il centrodestra (44,8%), ma col rischio di ritrovarsi davvero una “nuova Ulivo”: ovvero un’armata Brancaleone molto litigiosa e facile alle crisi. Chiedere a Prodi per maggiori informazioni.

E arriviamo al centrodestra. Fratelli d’Italia, stimata al 20%, perde un punto percentuale rispetto all’ultimo sondaggio di Ipsos. Forza Italia cresce dell’1,5%, arrivando quasi al 10%. Mentre la Lega prosegue la sua discesa libera fino al 15%. La somma delle forze di centrodestra non sono abbastanza per superare il “campo largo”, come visto, ma sarebbero voti sufficienti ad ottenere la vittoria in una più probabile sfida col centrosinistra (32%) o con l’alleanza giallo-rossa (35,9%). Sempre che Salvini, Meloni e Berlusconi riescano a superare i dissapori personali.

Da notare anche il 4% di voti per Italexit di Paragone. La quota di indecisi e astenuti arriva al 42,5%.

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