Commenti all'articolo Pizzarotti e il pasticcio dei buoni spesa antifascisti

Alcuni mesi fa, direttamente da Parma dove abito da sempre, postai la notizia della dichiarazione obbligatoria se si voleva ottenere un passo carrabile; era talmente comica la cosa che effettivamente suscitò non più di tre o quattro commenti divertiti; nessuno pensava che fosse vera, al massimo un refuso, una di quelle che qui da noi chiamano “cappelle”. Invece era tristemente vera, un’altrettanto vera presa per i fondelli da parte di un soggetto che ha ottenuto due mandati da sindaco solo perchè nessuno voleva il PD e la cd opposizione non ha saputo offrire un candidato appoggiato seriamente; solo alla seconda elezione c’era la leghista Cavandoli che però fu battuta (eravamo ancora in tempi nei quali i 5S raccoglievano voti propri e voti di sinistra non dati al PD). Adesso ritorna ancora la pistolettata della dichiarazione antifascista per ottenere quanto dovrebbe essere di diritto a tutti e non solo a chi (a questo punto più o meno forzatamente) dice supinamente sì ai questiti posti. Il Pizza può dire quello che vuole, che sia stato un errore, che sia stato un sabotaggio, che sia stata una dimenticanza, può dire-ripeto-tutto quello che vuole ma rimane il fatto che ha esposto la città ancora una volta al pubblico ludibrio, facendoci fare una figura di m**da che noi non meritiamo; sembra quasi che a Parma… Leggi il resto »

Il pasticcio è aver confuso la propaganda dalle idee di una singola persona.
Non c’è nessuna legge che obblighi un cittadino a ripudiare il fascismo, e nemmeno l’uso di gestualità riconducibili ad esso.
Tant’è vero che ci sono stati casi di assoluzione in merito al saluto romano: «Benché sia indubbio che sia stato posto in essere un gesto avente una precisa simbologia fascista (ossia il saluto romano) […] – si legge nel testo della sentenza di febbraio – le circostanze concrete tuttavia portano ad escludere che tale gesto si sia verificato in ambiti tali da determinare un serio pericolo di riorganizzazione del partito fascista». (Tribunale di Milano).

“Al contrario, la Corte ha ritenuto classificabile come apologia di fascismo solamente «una esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista» o quelle manifestazioni che sono idonee a «creare un effettivo pericolo» di riorganizzazione.”

«la libertà di manifestazione del pensiero cessa quando trasmoda in istigazione alla discriminazione e alla violenza di tipo razzista» (per di più, in un contesto istituzionale).”