Il giustificazionismo sulle foibe
Va detto che il ministro Patrizio Bianchi ha telefonato alla Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Noemi Di Segni, piccata a sua volta per le “grossolane mistificazioni”. “Ogni dramma – le ha detto Bianchi – ha la sua unicità, va ricordato nella sua specificità e non va confrontato con altri, con il rischio di generare altro dolore”. Una supercazzola che nasconde quelle che in realtà appaiono come proteste giustificazioniste. Ormai è noto. La sinistra per decenni ha nascosto l’orrore delle persecuzioni anti-italiane in Jugoslavia fingendo non fossero mai avvenute. Quando la verità è faticosamente venuta a galla, prima non ha votato l’istituzione del giorno del Ricordo, poi è passata a sminuirne il valore “sistemico”, infine ha iniziato a “giustificare” gli eccidi col fatto che il regime fascista avesse occupato quei territori.
Domanda: è così difficile ricordare e basta, senza “se” e senza “ma”?
Evidentemente sì. Lo si è capito dal convegno organizzato ieri da Tomaso Montanari all’Università di Siena, dove si è parlato di “revanscismo fascista”, di “uso politico della memoria” e di istanze che avrebbero incrinato “l’egemonia culturale antifascista” (giuro, ha detto proprio così). Sarà un caso, o forse no, ma oggi le cronache raccontano di manifesti per gli esuli strappati dal muro, di striscioni con scritto “le foibe sono piene di bugie fasciste” e video offensivi in cui si orina in una fossa carsica. Alla faccia della “pacificazione nazionale”.
Giuseppe De Lorenzo, 10 febbraio 2022