Va bene il green. Va bene salvare il pianeta. Va bene rendersi indipendenti dal punto di vista energetico rispetto alla Russia e agli idrocarburi che l’Europa non produce più. Però, bisogna essere chiari, con gli italiani e i cittadini europei: tutto questo, questa “rivoluzione copernicana”, non sarà a costo zero.
“L’economicità non interessa alla Ue”
Lo ha fatto capire, senza mezzi termini, il consigliere di Arera Stefano Saglia. Nel bel mezzo della crisi pandemica e di quella geopolitica, con la guerra in Ucraina e tutto quello che ne consegue, l’Unione Europea ha fatto una scelta molto chiara: non modificare i suoi obiettivi green. “Il Consiglio europeo non ha messo in dubbio la transizione energetica – spiega Saglia – Abbiamo deciso che la de-carbonizzazione la dovremo comunque fare e ridurre entro breve tempo il consumo di gas e di carbone”. Questo avrà degli effetti: “Stiamo scegliendo delle politiche energetiche che non sono le più le più convenienti, ma quelle che ci consegnano un ambiente più pulito e sicurezza di approvvigionamenti”. Se avessimo fatto deciso di avere un’energia più economica, per Saglia avremmo fatto “scelte diverse anche sulla guerra in Ucraina”. Il motivo? “Perché un metro cubo di gas costa molto meno che importarla dagli Usa in formato liquido. L’Ue ha scelto che l’economicità dell’energia non ci interessa”. Tradotto: abbiamo deciso di pagarla di più. E quindi di costringere famiglie e imprese a dover sostenere il costo di queste scelte.
“I prezzi si abbassano, ma…”
Tutto si ribalta sui prezzi, di cui Arera è l’autorità di regolazione. “I prezzi che abbiamo visto in autunno ora, anche grazie alle temperature, si stanno abbassando – spiega Saglia – Ma se ci sarà qualche giorno di freddo, vedrete che i prezzi si rialzeranno”. Non possiamo farci nulla, visto che il prezzo dipende dal mercato. Avremmo potuto allentare questa pressione producendo più energia con il carbone, come chiesto da Davide Tabarelli.
Resta però una domanda. Se sole e vento sono gratis, perché virare sulle rinnovabili dovrebbe costarci caro? “Noi stiamo ribaltando il paradigma – spiega Stefano Saglia – L’idea è che se col gas producevamo tanta energia in pochi grandi impianti, con solare e eolico dovremo produrre poca energia in moltissimi piccoli impianti. E questo richiede investimenti sulle infrastrutture, che costano.
“18 miliardi di investimenti”
Lo ha spiegato, sempre alla Ripartenza, Stefano Antonio Donnarumma, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Ternam: “I programmi di transizione energetica prevedono al 2030 di arrivare al 65% – dice – Supponendo di arrivare a un quantitativo di questo tipo, se ci dovessimo arrivare domattina non saremmo capaci di portare questa energia. Ecco perché esistono piani come il piano decennale di Terna che prevede più di 18 miliardi di investimento che sono l’abilitazione di questo trasferimento”. Costi, appunto. Che per Davide Tabarelli, fondatore e presidente di Nomisma Energia, potrebbero anche non portare a un grande risultato. “Noi contiamo per l’8 % come Ue delle emissioni globali di CO2 che è la nostra dannazione – dice a Porro – C’è questo squilibrio tra quello che facciamo noi e quello che fa il resto del mondo. Noi europei abbiamo questa ambizione culturale dell’ambiente pulito. Facciamole queste rivoluzioni, se vogliamo: ma ci costerà caro”.
“Ue vulnerabile e debole”
Il dibattito si sposta poi sul mondo dell’energia prodotta attraverso i rifiuti, con il prezioso intervento del Direttore Generale dell’Associazione dell’Ambiente di Confindustria, che rappresenta la Transizione Ecologica, Lucia Leonessi: “Il mondo dell’energia che viene dal rifiuto: compie un miracolo tre volte. Porta energia elettrica, toglie il rischio di essere dipendente dal mondo del gas naturale, che entro in crisi a causa di un conflitto grave. Oltre a questo, però, rispetta l’ambiente e non occupa terreno. La tematica di salvare il rifiuto e farlo diventare energia non costa nulla al cittadino”. A cui si aggiunge il monito di Gianfilippo Mancini, ceo di Sorgenia: “L’Europa è vulnerabile e debole, come si è visto nel tempo che abbiamo utilizzato per prendere le decisioni. Sul tema degli idrocarburi, in Ue ci sono in misura estremamente limitata”.