“Telemeloni“. “Hanno occupato i gangli della tv pubblica”. “Narrazione a senso unico”. Queste sono solo alcune delle fesserie circolate nel corso degli ultimi mesi in Italia, con la sinistra in prima fila per tentare di denigrare il governo di Giorgia Meloni attraverso la Rai. L’aver perso la possibilità di dettare le regole del gioco ha stizzito i compagni, abituati a giostrare viale Mazzini. Basti pensare alle surreali accuse di licenziamento nei confronti di chi, come Fazio e Littizzetto, ha deciso di andare a guadagnare molti più soldi altrove. La cantilena è sempre la stessa e difficilmente si arresterà. Ma c’è anche un altro dettaglio che non possiamo non evidenziare, ossia il completo – pressoché religioso – silenzio di Schlein & Co. di fronte al golpe alla luce del sole dell’europeista Donald Tusk in Polonia.
Come annunciato dal nuovo ministro della Cultura polacco, Bartlomiej Sienkiewicz, i media statali saranno messi in liquidazione in quanto “compromessi” dal precedente governo di destra. L’obiettivo è quello di “garantire il funzionamento e la ristrutturazione” della radiotelevisione pubblica e dell’agenzia di stampa polacca PAP e di “evitare il licenziamento dei dipendenti” di queste società. “Lo stato di liquidazione può essere ritirato in qualsiasi momento dal proprietario”, ossia lo Stato, ha aggiunto. Ricordiamo che prima di questa mossa, il presidente Andrzej Duda aveva posto il veto alla concessione di sussidi a questi media. In precedenza, l’idolo della sinistra nostrana Tusk aveva ordinato la rimozione di direttori e consigli di amministrazione di tv, radio e agenzia di stampa statale. La giocata del fuoriclasse? Lo spegnimento del segnale della Telewizja Polska, canale pubblico considerato arma della propaganda del precedente esecutivo.
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Un marchingegno strano questa sinistra italiana. Fazio accetta un’offerta più ricca e la colpa è di Telemeloni. Annunziata decide di mollare viale Mazzini – aspirando a una candidatura con il Pd, secondo i ben informati – e la colpa è di Telemeloni. Stesso discorso per Augias (che a 89 anni ha fatto prima la pantomima per poi fare marcia indietro e accettare l’offerta), Gramellini e Berlinguer. Gli stessi compagni di fronte alle clamorose evoluzioni polacche non proferiscono parola, fanno finta di nulla. Il giro di vite preteso da Tusk non sembra molto democratico: chiudere il canale all-news, cancellare programmi e l’accesso a parte degli archivi ricorda tempi bui. E no, non si tratta di un ritorno di fiamma del fascismo.
Massimo Balsamo, 28 dicembre 2023