Vasco Rossi ha riesumato una massima delle sue, non freschissima ma sempre buona, per dire che “la libertà ha un senso sempre se è all’interno di un limite, altrimenti è caos”. O della scoperta dell’acqua calda, sono tremila anni che il pensiero occidentale, greco prima, poi cristiano, medievale, umanistico, illuministico, marxista e via via fino alle incertezze della postmodernità si interroga sul senso e i limiti della libertà. E se non ha trovato una risposta definitiva Kant, se non l’ha trovata Hegel o sant’Agostino, figuriamoci Vasco Rossi. Però la spara su Instagram con l’aria di chi ha scoperto il segreto della vita e tutti ci vedono l’allusione riveduta e corretta in tempi di coprifuoco: state zitti e buoni, per usare un altro slogan di una band di ragazzini suoi epigoni, state calmi che ve lo spiego io cosa è questa libertà, io che ne ho forzato i limiti e me la sono presa e ne ho abusato come e quanto volevo. Ora, lasciamo perdere le ironie fin troppo facili, fin troppo maramalde; poi la rockstar veterana di mille battaglie, “né dal gran peso è la persona onusta”, è suscettibile, ci mette niente a darti del “pirla psicopatico”. Lasciamo perdere le conversioni o contorsioni, dalla vita spericolata di quelli che non si sanno limitare, non si sanno regolare, il decadentismo vitalista un po’ al ragù che lascia il posto alla saggezza della paura. Perché, diciamolo, la paura arrivati a un certo punto devi rispettarla, non la puoi rinfacciare a chi l’ha sfidata a lungo. La domanda, se mai, va invertita: non cosa sia questa libertà ma cosa siano questi limiti che dovrebbero contenerla.
Libertà alla Blasco
Forse è difficile da capire per uno che si spende un tramonto dorato, molto dorato e molto isolato, ma a questo punto di libertà non se ne trova più, esistono solo i confini, i limiti e per niente ragionati, è più roba esoterica, da pensiero magico o da provocazione politicante: al ristorante ti devi alzare prima delle dieci di sera e se ti viene da pisciare devi cercarti un cespuglio; un caffè puoi ordinarlo al bancone ma non berlo e neppure sederti al tavolino, se ti va bene trovi una panchina pubblica a due metri anche se i sindaci zelanti le stanno facendo sparire tutte; al magazzino puoi prenderti un paio di mutande, un reggiseno ma non una maglietta anche se sta sul medesimo scaffale; al mare devi farti venire l’abbronzatura trendy, come vuole lo scienziato pazzo Pregliasco, per dire la faccia pallida di chi non si leva la mascherina neanche sotto il sole o nell’acqua del mare; queste e mille altre le prescrizioni, i divieti che, in nome della libertà ponderata, libertà alla Blasco, abbiamo dovuto sopportare negli ultimi 14 mesi e presumibilmente dovremo tornare a subire.
Più obbedienti dei tedeschi e giapponesi
Di che libertà va cercando, Vasco Rossi? Di quella di fallire, di morire di fallimento, di disoccupazione, di alienazione? In nome di che? Di una profilassi sanitaria catastrofica, delle paturnie del ministro Speranza, ex bambino problematico e oggi uomo involuto, terrorizzato? O delle manovre da mascalzoni per fiaccare l’alleato fastidioso? La strada più facile, la reazione più facile di fronte alla sparata del cantante di turno è ricordargli il passato incendiario e il presente da pompiere, è irriderlo facendogli pesare la vanità della banalità, ma il punto vero è tutt’altro, è che questo popolo di indisciplinati, di saltafossi e saltafila si è scoperto in oltre un anno un Paese di fobici, forse per antichi complessi di colpa: avete visto, nel mondo siamo famosi per essere cialtroni e invece siamo capaci di obbedire in modo acritico più dei tedeschi e dei giapponesi. Dove sta la libertà quando tutto è limite e si richiude giorno per giorno? Quattordici mesi di attesa vana, continui annunci di uscita dal coprifuoco, puntualmente traditi, tramandati da un governo all’altro, morìa di attività, di speranze residue, un italiano su due con più problemi di un anno fa, uno su cinque sotto la soglia della povertà. E poi arriva il cantante multinazionale a dirti che devi stare compresso, quanto a dire sottostare ai diktat del ministro sghembo e funebre?
Ma dove sta la libertà a questo punto? Nell’entusiasmo di servire? Nell’ammirare quelli che poi sono sempre più uguali degli altri? Nella prudenza che diventa paranoia? Nella delazione alla Gassman? Nei gendarmi che a Cesano Boscone piombano alla festa di un ragazzino disabile e multano tutti? E i limiti andranno bene anche per i futuri concerti di Vasco Rossi e colleghi o su quelli si praticano le dovute eccezioni?
Questo Komandante sugli artisti alla fame, sfiniti da oltre un anno di paralisi non ha mai detto una parola, è roba che non lo riguarda. Però si sente in dovere di ammonire come un improbabile borghese, di quelli che per tutta la vita aveva additato come suoi carnefici, gente comune, che non capiva, che non aveva il coraggio di forzare il limite in nome della libertà. Adesso che la splendida giornata, esagerata, senza tregua vira “all’ora che volge al disio e ai navicanti intenerisce ‘l core”, si forza la libertà e si esalta il limite. Va bene, ma pur che sia un limite degno.
Max Del Papa, 29 aprile 2021