Politica

La riforma costituzionale

Premier eletto e basta ribaltoni, sorpresa dal sondaggio: cosa vogliono gli italiani

Giorgia Meloni premierato

Come sempre il titolo lascia a desiderare, ma il sondaggio pubblicato ieri dalla Stampa – ad opera di Alessandra Ghisleri – racconta sul premierato molto più di quello che l’annoiato titolista non abbia voluto trasmetterci. Primo appunto: che le riforme costituzionali non “scaldino” gli italiani non è certo una novità, soprattutto all’inizio di un lungo percorso che durerà ancora almeno 18 mesi e trattandosi di un testo di base cui verranno apposte tante di quelle modifiche da renderlo irriconoscibile. Eppure dal sondaggio emergono alcune indicazioni chiare che rafforzano le convinzioni di Giorgia Meloni e dimostrano come commentatori e costituzionalisti siano poi in fondo decisamente poco connessi col sentimento del “popolo”.

Premier eletto

Partiamo dall’elezione diretta del premier, punto cardine della riforma presentata qualche giorno fa dal governo in una conferenza stampa. Sull’argomento gli italiani sembrano più o meno divisi: il 39,2% si dice favorevole infilare nell’urna il nome di un presidente del Consiglio eletto direttamente dai cittadini mentre il 38,6% non condivide la scelta. Molto si giocherà sul restante 22% di indecisi che lasciano decisamente aperta la partita. Di sicuro, comunque, è evidente che una larga fetta di italiani non crede alle favole di chi ogni giorno predica il rischio dittatura qualora il premier venisse scelto dagli elettori.

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No ai ribaltoni

Secondo appunto: la norma anti-ribaltone. Per quanto ancora passabile di notevoli miglioramenti, così com’è appare infatti un tantino arzigogolata, il sistema che dovrebbe impedire la nascita di nuovi governi tecnici o maggioranze arcobaleno raccoglie il parere favorevole della maggioranza degli italiani. Il 46,9% degli elettori è infatti convinto che “se il premier eletto non ottiene la fiducia del parlamento”, allora il Capo dello Stato dovrebbe procedere direttamente “allo scioglimento delle Camere”. Il 43,4%, inoltre, condivide pure la possibilità – in caso di sfiducia al premier eletto – di assegnare la formazione del nuovo esecutivo a un parlamentare eletto della maggioranza che attui il programma votato dagli elettori. In sintesi, il segnale che arriva dai sondaggi appare chiaro: gli italiani desiderano stabilità ma soprattutto vorrebbero smettere di votare un governo per poi ritrovarsi al potere, due o tre anni dopo, quelli che le elezioni le avevano perse. Al Pd fischieranno le orecchie.

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Il Capo dello Stato

Ma il dato più interessante emerso dal sondaggio della Stampa è l’ultimo. E riguarda Sergio Mattarella. Da giorni, senza smentite dirette del Colle, e questo dice molto, si vocifera di possibili dimissioni di Re Sergio nel caso in cui venisse approvata la riforma costituzionale che toglie qualche potere al Quirinale. Il Presidente della Repubblica continuerebbe a nominare i ministri, ma avrebbe le mani legate in caso di non fiducia al premier eletto (si torna subito al voto) e in caso di sfiducia a legislatura in corso (potrebbe affidare il governo solo a un parlamentare della maggioranza). I giornali hanno già iniziato la loro opera di bombardamento, parlando di un Colle depredato dei suoi poteri e ridotto a mero notaio, impossibilitato anche a nominare i senatori a vita. Fatto sta che gli elettori anche su questo punto sono abbastanza decisi: chi se ne frega se non avremo più i Mario Monti, le Liliana Segre, i Renzo Piano o i Carlo Rubbia. Il 40,7% degli intervistati è favorevole allo stop alla nomina di nuovi senatori a vita. Evidentemente non hanno scaldato così tanto i cuori degli italiani.

Franco Lodige, 6 novembre 2023


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