Prete ucciso a Como: è sempre colpa dei sovranisti

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Piangiamo la morte di don Roberto Malgesini, ucciso da un senza tetto tunisino, uno dei tanti che egli assisteva, secondo la missione che incarna la bellezza del cristianesimo, nel senso che a questo termine diede all’inizio dell’Ottocento il nostro amato Chateaubriand. La bellezza di aiutare e di assistere l’uomo in quanto persona, nella sua fisicità e finitudine, quale che sia il colore della pelle, la sua religione, la sua nazionalità, la sua appartenenza politica. E senz’altro siamo d’accordo con il direttore della Caritas, don Roberto Bernasconi, nell’indicarlo “martire”, anche se il martirio è sempre compiuto da qualcuno. Già, ma da chi? Secondo l’accusa appunto da un senza tetto, un immigrato. La risposta cristiana prevede il perdono, certo, ma anche l’individuazione del colpevole, che è tale non tanto per ragioni sociologiche o politiche ma perché ogni cristiano sa che dentro l’uomo alberga necessariamente una parte di male, e che essa può fuoriuscire quale che siano le condizioni.

L’odio visto come il vero colpevole

Don Bernasconi invece, ci pare, faccia della sociologia e della politica, e pure un po’ a buon mercato. Nessuno si aspettava dal direttore della Caritas una intemerata contro gli immigrati, che peraltro sono solo una parte di coloro che don Roberto assisteva, Ma neppure si può sentire che il martirio sarebbe frutto dell’“odio che monta in questi giorni ed è la causa scatenante al di là della persona fisica che ha compiuto questo gesto. O la smettiamo di odiarci o tragedie come questa si ripeteranno. Spero che questo suo martirio possa contribuire allo svelenamento della società”. Frutto dell’odio? Beh certo, forse, Ma dell’odio di chi? Per don Bernasconi non dell’omicida ma del clima, dell’ambiente, come in ogni sociologia post sessantottina, E il clima e l’ambiente sembrerebbero pure dalle sue parole quelli  che hanno portato a Colleferro e a Napoli in questi giorni. Tre fatti di cronaca del tutto slegati tra loro, ma a cui qualcuno pare voler fornire un abito comune, sotto la voce del “clima di odio”. Innestato ovviamente dai soliti noti, che poi sarebbero i sovranisti o la destra.

Il pensiero magico

E se già la lettura politica (o politicante) è azzardata per i due delitti citati, per questo è del tutto fuori luogo. Il tunisino avrebbe ucciso perché si sentiva odiato da Salvini? E avrebbe aggredito non un “razzista” ma proprio chi gli tendeva la mano? Siamo al pensiero magico. Ma il cristianesimo il pensiero magico l’aveva superato subito, fin da San Paolo, a favore di un pensiero razionale (non razionalistico). Razionalità che non è possibile intravedere nelle parole del direttore della Caritas. Meno sociologia alla Boldrini e Fratoianni e più riflessione sul male: è questo che i fedeli chiedono agli uomini di chiesa

Marco Gervasoni, 15 settembre 2020

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