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Primarie Iowa, perché sono importanti per Trump

L’ex presidente americano sarebbe avanti nei sondaggi con il 48% nello stato in cui fu bocciato nel 2016

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Domani, in concomitanza con il Martin Luther King Day, la politica americana affronta una prova cruciale. A partire dalle 7 (ora locale), gli iscritti al partito Repubblicano dell’Iowa voteranno alle primarie, e indicheranno il candidato presidente. Da 50 anni, questo stato che pochi europei sarebbero in grado di individuare sulla cartina geografica, grande circa metà dell’Italia e con una popolazione di 3,5 milioni di abitanti, è un banco di prova fondamentale per un candidato alla presidenza. Obama, nel 2008, disse che la vittoria alle primarie dell’Iowa era stata la notte migliore della sua carriera politica. Stretta tra gli stati del Midwest, e lontana dalle grandi città visitate dai turisti di tutto il mondo, la popolazione dell’Iowa riflette la parte più importante della popolazione americana.

Nonostante il luogo comune (alimentato dagli americani stessi) delle grandi città moderne e multiculturali a cui si oppone un Midwest conservatore e ottuso, dove il vecchio bifolco si dondola sulla veranda di casa con la Bibbia sul tavolino ed il fucile in mano, lo stato dell’Iowa, così come molti altri stati del Midwest, è lungi dall’essere solo una distesa di fattorie. L’Iowa gode di buone posizioni nelle classifiche nazionali che valutano la qualità dell’istruzione, ha una parte importante della popolazione che si occupa di finanza e nuove tecnologie, ed è uno dei migliori stati Usa per fare business data la bassa pressione fiscale. Più dell’85% della popolazione è costituita da bianchi di origine nord-europea, in maggioranza di discendenza tedesca, ed il 72% dei residenti è nato nello stato. La popolazione dell’Iowa esprime quella parte di America dove vige l’ordine, il rispetto delle regole, la vita tranquilla, la fedeltà alla bandiera e la convinzione che lo stato debba entrare il meno possibile nella vita dei cittadini.

Tutti questi elementi sono presenti, in varie gradazioni, in tutti gli stati Usa. Convincere l’Iowa a votare per te significa avere la capacità di vincere sull’elettorato più vasto d’America (quello degli stati centrali) che guarda con diffidenza le mode politiche che fioriscono a New York e a San Francisco davanti alle quali i progressisti europei vanno in brodo di giuggiole. Ironia della sorte, i repubblicani dell’Iowa bocciarono Trump nel 2016, preferendogli Ted Cruz, il quale, interpretando il pensiero della maggior parte dell’elettorato repubblicano di allora, sosteneva che “un vero repubblicano non può nascere a Manhattan”. Poi le cose andarono diversamente, dimostrando che con the Donald tutto è possibile. Ora anche in Iowa il Tycoon domina i sondaggi. La questione che tutti pongono non è se Trump vincerà le primarie in Iowa, ma in quale misura.

L’analista Steven Shepard sostiene che Trump debba vincere con più del 50%, altrimenti vedrebbe realmente concretizzarsi la minaccia di venire insidiato dal candidato rivale nel corso delle prossime primarie. A contendersi l’altro lato del campo sono Ron De Santis e Nikki Haley, e le primarie in Iowa, seguite a stretto giro da quelle del New Hampshire, decideranno quale dei due sarà il vero avversario di Trump all’interno del partito repubblicano. De Santis ha visitato tutte le 99 contee dell’Iowa, puntando sul concetto che, se Trump sarà il candidato, non si farà altro che parlare dei suoi processi e delle sue smargiassate per tutta la campagna elettorale, con lui, invece, si parlerà solo del futuro dell’America. Nikki Haley sta raccogliendo l’appoggio di finanziatori cruciali come la potentissima famiglia Koch, ed i sondaggi la danno stravincente in un ipotetico scontro con Biden.

Nel frattempo, Trump fa Trump, e gli ultimi comizi hanno dimostrato che l’idea di darsi un tono più presidenziale non lo sfiora minimamente. Durante la settimana ha detto che “sono stati fatti grandi sbagli” durante la guerra civile americana, e alcune cose “potevano essere negoziate”. Purtroppo Lincoln non aveva letto The art of the Deal, il bestseller di Trump che lui stesso ha definito “il migliore libro mai scritto dopo la Bibbia”, e, sempre a detta di Trump, “se Lincoln avesse negoziato, ora non lo conoscerebbe nessuno”. Le reazioni stizzite di molti repubblicani moderati non fanno altro che dimostrare il loro timore di subire un “effetto Schlein” di destra nel caso di vittoria di Trump, con l’elettorato centrista che abbandonerebbe il campo favorendo così Biden. Questo piccolo stato darà quindi una prima indicazione su chi potrà guidare l’America nei prossimi anni attraverso un mondo in tumulto.

Pietro Molteni, 14 gennaio 2023