Siamo ormai al quattordicesimo mese di guerra tra Russia e Ucraina. La città di Bakhmut, da mesi il nucleo del conflitto, continua a resistere, nonostante le dichiarazioni di pochi giorni fa del gruppo mercenario Wagner, secondo cui la bandiera russa sarebbe stata innalzata sul municipio. Nel frattempo, l’esercito russo starebbe ritirando equipaggiamenti e armi dalla Crimea, che potrebbe diventare l’obiettivo della prossima controffensiva ucraina, come riferito dall’analista militare Brady Afrik, citando le immagini satellitari di Maxar.
Insomma, quella che doveva essere una guerra-lampo, un’operazione militare speciale (così Putin si ostina a definirla ancora oggi) si sta rivelando un vero e proprio conflitto di logoramento, in cui la luce della pace rimane ancora lontanissima. Cina e Occidente, in realtà, ci avevano provato a congiungere i belligeranti, ma senza alcun risultato concreto. Al contrario, si continua a parlare di controffensive, e dopo quella invernale russa spetterà all’Ucraina in primavera.
Gli Stati Uniti stanno cercando di accelerare l’arrivo a Kiev dei carri armati Abrams, che insieme ai tedeschi Leopard 2 non dovrebbero arrivare prima di autunno. Eppure, Biden sta tentando di velocizzare più possibile, anche attraverso la formazione di un nuovo pacchetto di aiuti militari, dal valore di 2,6 miliardi di dollari. Al di là del forte sostegno atlantico, comunque, pare che neanche quest’ultimo riesca a scalfire la situazione di sostanziale pareggio sul campo di battaglia.
La soluzione alla Corea 1953, con la conclusione della guerra attraverso un armistizio che ha diviso a metà la penisola, non sembra concretamente realizzabile. E questo per almeno due ragioni. La prima, dal lato russo, non è ancora chiaro quale sia l’attuale obiettivo di Putin. Il Donbass e le regioni occupate nell’est ucraino, insieme all’irrinunciabile Crimea, possono bastare? Si tenta la conquista di tutte le coste del Mar Nero, città di Odessa compresa? Oppure “l’operazione speciale” sarà conclusa solo quando sarà destituito Zelensky, con l’insediamento di un governo fantoccio? La seconda, sul lato ucraino, le intenzioni di Kiev sono state chiarissime fin dall’inizio: la guerra non terminerà fino a quando il nemico russo non verrà cacciato dai territori ucraini, Crimea annessa.
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Nell’impossibilità di una vittoria decisiva sul campo, quindi, non sembra esservi alternativa per entrambe le parti, se non il prorogarsi ulteriore degli scontri, portando ad una guerra eternamente prolungata. Da qui, però, sarà decisivo il ruolo dell’Occidente e del suo sostegno militare all’Ucraina. Per ora, sia la politica Usa che quella europea si sono rilevate fortemente compatte, entrambe schierate per la causa di Kiev, ma in futuro lo scenario potrebbe ribaltarsi. E un’eventuale assenza dell’alleanza atlantica a fianco di Zelensky rappresenterebbe la condanna a morte per la resistenza ucraina.
Come ribadito anche dal generale Carlo Jean: “La situazione rimarrà di stallo anche perché l’Occidente, nel timore di suscitare un’escalation da parte del Cremlino, continuerà a seguire nel trasferimento di armi all’Ucraina criteri di estrema gradualità”. E ancora: “Malgrado la loro flessibilità operativa e capacità di sfruttare al meglio le nuove tecnologie, gli ucraini non riusciranno a imporre ai russi il passaggio dall’attuale guerra d’attrito a una di manovra, unica in grado di consentire la riconquista dei territori occupati russi”. Ma le difficoltà rimangono anche sul lato di Mosca, soprattutto nel campo dei riservisti: “Putin ha difficoltà a imporre nuovi richiami di riservisti. Già quello precedente, dello scorso settembre, ha presentato grossi problemi: circa 200.000 giovani sono fuggiti all’estero, aggiungendosi ai 7-800.000 scappati dalla Russia dopo l’inizio dell’aggressione all’Ucraina. Generalmente la gente fugge quando il proprio Paese viene invaso, non quando ne invade un altro”.
In conclusione, nel medio-lungo termine, nessuna delle controffensive ventilate dalle parti, né russe né ucraine, riusciranno a dare la spinta decisiva per la risoluzione del conflitto. La guerra è chiaramente di logoramento, che rischierà di protrarsi ulteriormente nel remoto caso in cui la Cina dovesse partecipare attivamente a fianco di Putin, con l’invio di armi e mezzi militari. A quel punto, la soluzione pacifica apparirà definitivamente un miraggio.
Matteo Milanesi, 9 aprile 2023