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Principe Filippo, il sessismo va bene se sminuisce il maschio

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Un’ “ombra discreta”. Un principe “sempre un passo indietro”. I giornali, Repubblica e Corriere in questo caso, ma anche una pletora di tweet di vip e politici, descrivono così il principe Filippo di Edimburgo, morto stamani a Windsor a 99 anni.

Una specie di figura accessoria alla ben più presente e attiva regina Elisabetta II. E sia. Certo, anche il Filippo è stato molto amato dagli inglesi e, anche se – per ovvie ragioni – politicamente non ha mai rivestito l’importanza della consorte (di se stesso disse: “Costituzionalmente, non esisto”), di sicuro non è stato né un afasico né un discreto personaggio. È la stessa moglie ad averlo chiamato la sua “roccia”. E sono notissime le sortite politicamente scorrette del principe, dalle critiche alla cucina cinese, alle frasi un po’ razzistelle riservate ad aborigeni o kenioti. Ma il punto è un altro: cosa sarebbe successo a parti invertite?

Cosa sarebbe successo se giornali e opinionisti avessero detto di una donna che era l'”ombra discreta” del marito, sempre un passo indietro a lui, come ad esempio fece Amadeus lo scorso anno, presentando la compagna di Valentino Rossi nella conferenza stampa su Sanremo?

Probabilmente, avremmo una schiera di femministe da salotto, dalla Murgia alla figlia di Eros Ramazzotti, indignate, a catechizzarci sulla società patriarcale che squalifica il ruolo delle donne. Invece, dipingere Filippo come un marginale orpello alle spalle di Elisabetta – la quale, appunto, lo considerava tutt’altro che trascurabile – non è sessismo. Si può scrivere tranquillamente. Diventa mainstream.

È proprio questo a rendere ancora più triste la dipartita del principe: in questo mondo di politicamente corretto a targhe alterne, se ne va uno che del bon ton radical chic se n’è sempre infischiato.

Nicola Porro, 9 aprile 2021