Viviamo in tempi in cui le libertà fondamentali sono dimenticate, rinnegate, messe nel cassetto del dimenticatoio. A volte, volutamente bistrattate o ritenute eccessive dai cosiddetti competenti o dagli statalisti di turno. Ebbene, dopo due anni di pandemia, che hanno visto la totale violazione dei più basilari principi di libertà personale e di circolazione, sta arrivando il turno anche per i diritti di privacy.
Se fino a poco tempo fa, sia in Italia che in Ue, risultava essere impossibile sorvegliare o intercettare i messaggi e le comunicazioni personali di qualsiasi cittadino, senza il suo consenso o l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, ora tutto sta cambiando. E questo per mezzo della proposta dello scorso maggio, da parte della Commissione Europea, per combattere la diffusione di materiale pedopornografico (denominato Csam).
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Infatti, in presenza di rischi significativi che un’app di messaggistica o un servizio di posta elettronica venga utilizzato per diffondere materiali di questo tipo, l’autorità giudiziaria procedente potrà chiedere al fornitore (Facebook, Google, Whatsapp, Telegram, ecc.) l’accesso alle nostre comunicazioni e individuare eventualmente video e immagini già associati come pedopornografici, legati a forme di adescamento o abuso di minori. Una chiara violazione della crittografia end-to-end, una tecnologia in base alla quale solo mittenti e destinatari delle comunicazioni possono vedere il loro contenuto.
Il progetto ha suscitato notevoli preoccupazioni anche da parte di Wojciech Wiewiórowsk, il garante europeo della protezione dei dati (Gepd), l’autorità responsabile della consulenza alle istituzioni dell’Ue in materia di privacy. La critica, appunto, sarebbe quella di utilizzare l’espediente della pedopornografia per porre un monitoraggio capillare sulla popolazione europea, lasciando in mano alle autorità giudiziarie una vera e propria spada di Damocle: il rischio di spulciare le chat e i dati di cittadini tutelati dal principio fondamentale della presunzione di non colpevolezza, utilizzando il regolamento non per limitarsi ad attività mirate, ma con il pericolo che se ne possa abusare, traducendosi in un monitoraggio generale.
Wiewiórowsk ha anche affermato che questo tipo di scansione indiscriminata delle comunicazioni private “sarà sempre illegale ai sensi della Carta dei diritti fondamentali (e probabilmente anche in base a diverse leggi costituzionali nazionali)”, specificando che “l’ordine di rilevamento si presenta sotto forma di una misura mirata individualmente. La proposta crea un’illusione di legalità introducendo numerose garanzie procedurali che, tuttavia, non cambiano fondamentalmente la sostanza”. Un altro pericolo sarebbe quello di offuscare e confondere la differenza tra criminale ignoto, fornitore di servizi e utenti innocenti che si vedono violati nella loro privacy.
Ora, la palla passa alla commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori, che dovrebbe emanare un parere in qualità di commissione associata entro la giornata di oggi, mentre in commissione per le libertà civili rimane atteso un progetto di relazione sul regolamento per il prossimo aprile.
Matteo Milanesi, 7 marzo 2023