Giustizia

Processo Open Arms, la prova che inguaia Conte e Toninelli

Il Contrammiraglio (CP) r. Aniello Cuomo ci spiega cosa non torna nell’inchiesta contro il ministro Salvini

L’imputazione della Procura della Repubblica di Palermo a carico di Matteo Salvini per i reati di abuso d’ufficio e di sequestro di persona aggravato è fondata sul presupposto di fatto che Salvini si sia indebitamente rifiutato di assegnare il P.O.S. (Place Of Safety) alla nave Open Arms, provocando volontariamente il trattenimento a bordo dei naufraghi, in ambiente ristretto, con evidente limitazione della loro libertà personale.

Dagli atti del processo si rileva che il ministro dell’Interno sia stato ritenuto autorità competente al rilascio del P.O.S. in base al contenuto della direttiva POS 09/15 del 2015 del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto, richiamata genericamente più volte negli atti del processo, ma che non pare sia stata esaminata con attenzione unitamente alle norme interne sulle procedure di soccorso approvate in applicazione della Convenzione di Amburgo del 1979. Un attento esame delle norme che regolano la materia induce a porsi l’interrogativo se la competenza all’assegnazione del Place Of Safety (P.O.S.) sia effettivamente del ministro dell’Interno ovvero di un altro ministro; di un organo amministrativo e non politico; di un organo amministrativo che non dipenda dal Ministero dell’Interno ma di altro ministero.

Nel caso in cui dovesse ritenersi fondata una sola delle ipotesi che portano ad escludere la competenza del ministro dell’Interno all’assegnazione del P.O.S., la posizione dell’imputato Salvini sarebbe ancor più grave, ma se così fosse, non sarebbero esenti da responsabilità sia il competente ministro sia il presidente del Consiglio, il primo per aver abdicato al suo potere dovere di pretendere che l’assegnazione del P.O.S. fosse da lui rilasciata (se espressione di funzione politica) o rilasciata dall’ autorità amministrativa rientrante nella propria sfera di attribuzioni (se atto di gestione amministrativa); il secondo per non aver portato all’esame del Consiglio dei Ministri l’eventuale conflitto di attribuzione tra ministri, così come previsto dall’art. 5, comma 2, c-bis) della legge 400/88) allorquando vi siano “valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti”. Come è noto, infatti, è il Consiglio dei Ministri che “dirime i conflitti di attribuzione tra i ministri” (art.2, comma 1, della legge 400/88).

Nel caso in cui l’atto di assegnazione del P.O.S. fosse stato configurato come atto di pura gestione amministrativa, e non come espressione di una funzione politica, nessuna competenza avrebbe avuto il ministro ad avocare a sé un simile atto, per effetto dell’art. 14, comma 3, della legge 165/2001: “Il ministro non può revocare, riformare, riservare o avocare a sé o altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza dei dirigenti”.

Le norme che definiscono l’autorità nazionale competente all’esecuzione della Convenzione di Amburgo

Ai sensi dell’art. 2 del DPR 662/1994, l’autorità nazionale responsabile dell’esecuzione della convenzione internazionale sul salvataggio marittimo adottata ad Amburgo nel 1979, a cui l’Italia ha aderito con legge 147/1989, è il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti (nel provvedimento “Ministro dei trasporti e della navigazione” così come era definito all’epoca). Il piano SAR all’epoca dei fatti vigente, approvato nel 1996 con provvedimento dell’allora ministro Burlando, in qualità di Autorità Nazionale responsabile dell’esecuzione della Convenzione di Amburgo, vincola in via primaria il Corpo delle Capitanerie di Porto all’applicazione delle procedure previste dal Piano e ribadisce che l’Autorità Nazionale responsabile dell’esecuzione della Convenzione di Amburgo è il ministro dei Trasporti. Analoghe disposizioni si rinvengono nel piano attuale, risalente al 2020, approvato nel 2021 con Decreto Ministeriale a firma dell’allora ministro Paola De Micheli.

Ciò premesso, considerato che le operazioni di soccorso si concludono con l’arrivo dei naufraghi nel posto designato e che l’autorità nazionale responsabile del soccorso marittimo è il ministro dei Trasporti, perché mai in tutte le vicende che hanno riguardato il soccorso di migranti, i cui diritti non differiscono da quelli di altri naufraghi, si è riconosciuta la competenza del Ministro dell’interno per l’assegnazione del P.O.S.? L’equivoco nasce dal contenuto della Direttiva 09/2015 del Comando Generale delle Capitanerie di Porto (richiamata quale fonte principale della competenza del ministro dell’Interno in tutti gli atti giudiziari che hanno visto coinvolto il ministro Salvini) alla quale è stata data una valenza giuridica ed un’efficacia non corrispondente alla natura giuridica dell’atto ed al suo reale contenuto.

Essa non è altro un atto di indirizzo e coordinamento firmato dal Capo del Terzo Reparto del Comando Generale delle Capitanerie di Porto dell’epoca, limitata quindi alle attribuzioni di quest’ultimo che, tra l’altro per il grado militare rivestito non poteva essere ritenuto un dirigente generale. Tra l’altro, tale atto viene emanato in “via sperimentale e provvisoria” (sic!) nell’ambito delle operazioni navali “Triton” dell’Agenzia europea Frontex ed Eunavformed, di cui alla decisione del consiglio Ue (CFSP) 2015/778 del 18 maggio 2015.

Nella direttiva viene ribadita la competenza del ministro dei Trasporti quale Autorità Nazionale per l’esecuzione della Convenzione di Amburgo e confermato l’onere del centro nazionale di soccorso che coordina il soccorso marittimo di assegnare anche il P.O.S. che, nei casi di soccorso connessi al fenomeno emergenziale dei flussi migratori, va necessariamente concordato con i corrispondenti apparati del ministero dell’Interno in quanto l’alto numero delle persone soccorse ed i conseguenti concreti interventi di assistenza e cura, associati ad ulteriori adempimenti formali connessi allo sbarco vanno fatti rientrare nella competenza del Ministero dell’Interno ed in particolare delle Prefetture per evidenti motivi di ordine pubblico.

Pertanto per accelerare la conclusione delle operazioni di soccorso con il trasporto dei naufraghi in luoghi idonei, con tale direttiva veniva previsto (il tempo del verbo è una provocatoria conseguenza della natura “sperimentale e provvisoria” della direttiva) che le navi militari e di Stato; quelle partecipanti alle missioni “Triton” o impegnate nelle operazioni Euronavformed; le navi mercantili/civili chiamate ad operare in operazioni di soccorso coordinate dal Centro Nazionale di Soccorso italiano; in virtù del preventivo assenso contenuto nella direttiva stessa, provvedessero a richiedere il P.O.S.al Ministero dell’Interno (cfr. paragrafo 3. della Direttiva 09/15) pur permanendo la competenza all’assegnazione del P.O.S. in capo al Centro Nazionale di Soccorso.

Fermo restando la competenza all’assegnazione del P.O.S. da parte del Centro Nazionale di Soccorso, non si può ignorare che le operazioni di soccorso allorquando si inseriscano nel più ampio e complesso contesto del fenomeno migratorio via mare, richiedano un necessario coinvolgimento del Ministero dell’Interno, perché lo sbarco dei naufraghi non può avvenire in assenza di una corretta organizzazione per le attività di allocazione e accoglienza delle persone soccorse che rientrano tra le attribuzioni del Ministero dell’Interno in quanto afferenti all’ordine pubblico e alla gestione dell’immigrazione. Pertanto, il ministro dell’Interno riveste un ruolo fondamentale nel procedimento di assegnazione del P.O.S. che presuppone una valutazione congiunta col ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, che trovi la sua sintesi, nel rispetto del principio di leale collaborazione e cooperazione, in un atto di intesa preliminare all’assegnazione del P.O.S.

Si è ritenuto che tale intesa abbia trovato la sua materializzazione nella Direttiva POS 09/15 e che quindi in base ad essa il ministro dell’Interno possa legittimamente assegnare o denegare il P.O.S. (TAR Lazio, Roma, sentenza n.10402/2023); ma non sembra che tale atto abbia la valenza giuridica, formale e materiale, per un trasferimento di attribuzioni da un ministero all’altro.

Incapacità politica e ruolo di supplenza dell’autorità giudiziaria

Come si è avuto modo di rilevare dall’esame della richiamata direttiva, in particolare per i rilievi svolti in merito al discrimine tra funzione politica ed amministrativa, non sembra che tale atto abbia la valenza giuridica, sia materiale che formale, per legittimare l’operato del ministro dell’Interno. Non solo, ma dagli atti del processo si rileva non un’intesa ma un insanabile contrasto tra i ministri dell’Interno, dei Trasporti e del presidente del Consiglio, nessuno dei quali, colpevolmente ha avviato i procedimenti necessari a dirimere i contrasti in atto. Come già anticipato, ben poteva, nell’ambito dei suoi poteri-doveri, il ministro dei Trasporti rivendicare la competenza all’assegnazione del P.O.S. dell’amministrazione di cui era a capo e sollecitare il presidente del Consiglio a convocare il Consiglio dei ministri per dirimere una questione a lui ben nota che avrebbe potuto portare all’esame del Consiglio dei ministri anche in assenza di una esplicita richiesta da parte dei ministri coinvolti.

Se vi sono state delle omissioni alla base del più grave reato di sequestro di persona aggravato, ebbene allora esse vanno ripartite tra gli attori principali della nota vicenda, sebbene si sia dell’avviso che l’assemblea che ha votato per l’autorizzazione a procedere avrebbe dovuto propendere per una responsabilità politica e non penale. Ciò che sorprende è che i tanti politici accorti ed i fini giuristi che ne fanno parte non abbiano rilevato le plateali elusioni delle norme giuridiche che regolano l’attività del governo da parte di alcuni suoi membri, salvo che la decisione finale non fosse già precostituita per minare il futuro di un temuto avversario politico rimettendone le sorti nelle mani del potere giudiziario.

Contrammiraglio (CP) r. Aniello Cuomo, 6 ottobre 2024

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