Nella scuola italiana la misura è colma da tempo, ma probabilmente, come spesso e volentieri accade nel Belpaese, serviva qualcosa di veramente forte affinché l’opinione pubblica potesse assumerne la consapevolezza. Un gesto eclatante, utile a rompere i rigidi schemi precostituiti e a presentare il conto di una realtà troppo spesso ignorata per negligenza, eccesso di superficialità, buonismo o per semplice convenienza. Sta di fatto che, come quasi sempre accade in questi casi, l’insano gesto è puntualmente arrivato, a demolire in pochissimi istanti tutte le false certezze che credevamo di possedere e in cui tanto confidavamo. O meglio confidavano, gli estranei, tutti coloro i quali vivono dal di fuori un universo assai complesso qual è quello scolastico, costituito da adolescenti in fuga da sé stessi oltre che dagli altri e da adulti sempre meno rispettati e sempre più in balia degli eventi, e costellato altresì da aree di estrema fragilità e di profondo disagio.
Quanto accaduto nelle scorse ore in una scuola di Varese, dove uno studente 17enne ha accoltellato alla schiena una docente 57enne con un coltello a serramanico portato da casa, rappresenta pertanto una sorpresa solo per chi disconosce l’articolata realtà in cui viviamo e le eterogenee realtà con cui chi svolge oggigiorno attività di docenza si trova suo malgrado costretto a convivere e operare. E si badi bene, non si tratta di un evento casuale, né di una criticità legata esclusivamente alla città di Varese o alla regione Lombardia, bensì di un problema ben più ampio e complesso che accomuna l’intero territorio nazionale, e si accentua oltremodo, anche con abnormi picchi di violenza, in prossimità delle periferie delle grandi città e all’interno degli istituti a vocazione professionale. Certo, non sempre l’efferatezza degli episodi è pari a quella dimostrata dal 17enne di Varese, ma anche pensare che possa trattarsi di un caso isolato rappresenta di per sé un grossolano errore in cui non bisogna incorrere.
Nel tempo, la scuola italiana ha smarrito l’autorità che una tale istituzione dovrebbe sempre conservare, e i suoi docenti il prestigio e l’autorevolezza che chi svolge un ruolo così delicato per il futuro dei giovani e per le sorti del paese dovrebbe possedere. E se è vero che ciò è in buona parte ascrivibile al venir meno di un’altra istituzione, la famiglia, anch’essa fondamentale nella formazione dei giovani, è altrettanto vero che l’odierno orientamento della scuola italiana, improntato al buonismo e all’ipertutela dello studente, non fa il bene né dei nostri giovani, né della società in cui viviamo. E il recente episodio di Varese ne è la dimostrazione.
Imperarivo categorico: reagire, dunque. Tempestivamente. Invertire drasticamente la rotta rispetto a una deriva alquanto pericolosa e profondamente diseducativa che appare oggi inarrestabile. Dal canto suo, il ministro Valditara, sin momento del suo insediamento a viale Trasvetere, non ha mai nascosto la necessità di restituire agli insegnanti la dignità e l’autorevolezza perduta e di ripartire dal merito e dalla disciplina. Bene, adesso è proprio arrivato il momento di passare dalle parole ai fatti e agire con misure concrete. Con decisione e fermezza, e mettendo una volta per tutte da parte quell’eccessivo buonismo protagonista indiscusso nel recente passato.
Salvatore Di Bartolo, 7 febbraio 2024