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Propaganda sul vaccino, ma poi chiudiamo per 9 mesi?

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Riaprire, riaprire, riaprire. Subito dopo la vaccinazione delle categorie a rischio (e quindi in un tempo da stimare in settimane, non in mesi, meno che mai in semestri), occorre organizzare la riapertura del paese su base sempre più estesa e stabile.

Inutile girarci intorno: il weekend è stato contraddistinto da una massiccia operazione propagandistica sulle cosiddette “vaccinazioni simboliche”, creando un’atmosfera di speranza che rischia però di avere un effetto cloroformizzante, di narcotizzazione. Come se l’Italia, per lunghi mesi, potesse solo vivere nell’attesa dell’iniezione salvifica.

Dopo di che, mentre l’operazione-primula è accompagnata da una consistente fanfara mediatica, gli uomini del governo ammettono che per consentire al 70% degli italiani di vaccinarsi volontariamente occorrerebbe attendere fino a settembre-ottobre 2021. È l’ora di dire chiaro e forte che questa tempistica è assolutamente incompatibile con la vita economica del paese.

Già molte domande sono state poste (purtroppo, senza risposta convincente: anzi, in qualche caso senza alcuna risposta) sul perché della scenografia della primula. Perché – in altre parole – si sia evitato di far ricorso a strutture già esistenti (palestre, altri spazi) già dotate di allacci elettrici, riscaldamenti, bagni. Né è al momento chiaro il costo dell’operazione, o il relativo budget.

Ma – per una volta – queste domande di trasparenza sono perfino meno rilevanti della domanda di fondo, che torno a ribadire: davvero qualcuno pensa di poter tenere ancora il paese chiuso per il tempo di un’altra gravidanza, per altri 9 mesi? È necessario impostare la discussione su un paradigma totalmente diverso, quello – peraltro – che ci era stato ripetuto come un mantra (e come un obiettivo desiderabile) lungo tutta la prima fase dell’emergenza: “Occorrerà – ci si diceva – arrivare a convivere con il virus”. Ecco, questo è il punto.

Bisogna d’urgenza fare in modo che il percorso della vaccinazione volontaria viaggi di pari passo con la riapertura del paese. Non può esserci un prima (la vaccinazione) e un dopo (la riapertura). In particolare, una volta garantita la possibilità di vaccinazione delle persone anziane, più fragili e vulnerabili, la ripartenza delle attività economiche deve essere tendenzialmente totale. L’alternativa è quella di uccidere un paese già ferito a morte.

Daniele Capezzone, 28 dicembre 2020