In guerra succede che si usi il pugno di ferro, che si passi alle maniere forti per ricompattare il fronte interno, specialmente quando ci si trova in difficoltà sul campo. Solo che quando le epurazioni le perpetra Vladimir Putin, tutti ci scandalizziamo nei confronti del feroce regime russo; mentre passano decisamente in secondo piano quelle che, stavolta in modo appropriato, Repubblica definisce “le purghe” di Volodymyr Zelensky.
Il presidente ucraino, infatti, ha rimosso la procuratrice generale, Irina Venediktova e il capo dei servizi segreti, Ivan Bakanov. Quest’ultimo è accusato di “mancato svolgimento dei compiti di servizio”, il che avrebbe causato “vittime umane o altre gravi conseguenze”. In particolare, certe sue omissioni avrebbero favorito la presa di Kherson da parte degli invasori. La Venediktova era, invece, una figura molto popolare, nota per le sue inchieste sui crimini di guerra dei russi. Tali indagini erano già costate la testa al difensore civico, Lyudmila Denisova, alla quale era stato contestato di aver esagerato i capi d’imputazione (parlando, ad esempio, di stupri dei bambini). Sulla Venediktova ora pende il sospetto del tradimento. Zelensky ha parlato di “651 procedimenti penali riguardanti alto tradimento e attività di collaborazione di dipendenti delle procure”, una sessantina dei quali sarebbe rimasto nei territori occupati, al servizio degli aggressori. Intanto, il capo degli 007 della Crimea, Oleh Kulinich, già silurato a marzo, è stato arrestato.
Insomma, è tempo di repulisti in un’Ucraina che, nonostante la retorica sui successi bellici grazie alle batterie di missili spedite dagli Usa, fa i conti con istituzioni friabili e con una situazione nel Donbass tutt’altro che favorevole. Noialtri, appunto, non ci stupiamo se, in guerra, i comandanti in capo fanno pochi complimenti. La vicenda, però, sia almeno di lezione agli ipocriti che trattano il conflitto nell’Est come un episodio del Signore degli anelli: nella realtà, esistono le sfumature. E i buoni non sono immacolati.