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Putin mette l’Italia nella lista dei Paesi nemici

Undicesimo giorno di guerra in Ucraina. Terzo round di negoziati. Putin alza il livello dello scontro: “Chi offre basi aeree sarà coinvolto”

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La tregua scatta alle 10 di mattina, ora di mosca. La Russia apre sei corridoi umanitari a Kiev, Mariupol, Rostov sul Don, Kharkiv, Sumy. I profughi potranno lasciare le macerie, dirigersi chi in Bielorussia, chi in Russia, chi in altre zone dell’Ucraina. Intanto alle 15 si apre il terzo round di colloqui tra i delegati di Zelensky e quelli di Putin. Una flebile speranza, che perde di significato se si pensa alle manovre di più ampia portata in corso: l’Ucraina che chiede all’Occidente di tagliare del tutto l’acquisto del petrolio russo, Mosca che risponde con una lista di Paesi ostili. Un equilibrio momentaneo, precario, che da un momento all’altro potrebbe virare verso la pace o verso la terza guerra mondiale.

A preoccupare sono infatti le esternazioni russe delle ultime 24 ore. Nei colloqui con Macron e Scholz, Putin ha ribadito che non intende fermarsi. L'”operazione speciale” in Ucraina, che sta costando la vita di civili e numerosi militari, proseguirà finché non avrà ottenuto ciò che vuole: l’indipendenza delle repubbliche separatiste, il riconoscimento della Crimea russa, la neutralità di un’Ucraina mai nell’orbita Nato. Putin lo ha fatto capire all’Alleanza Atlantica e, incassate le sanzioni, è passato all’offensiva. Prima l’avvertimento: chiunque abbia imposto sanzioni è “de facto” un Paese ostile alla Russia. Poi la minaccia ai Paesi Nato: fornire basi per aerei militari ucraini che verranno utilizzati contro le forze armate russe “verrà considerato con coinvolgimento di questi Stati in un conflitto armato“. Infine, la mossa odierna: stilare una lista di Paesi nemici, o meglio “ostili”, che comprende Usa, Gran Bretagna, Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda, Svizzera, Islanda, Canada, Norvegia, Singapore, Taiwan e Montenegro. Oltre ovviamente all’Italia, come tutti i Paesi Ue che hanno aderito alle sanzioni. Da oggi lo Stato russo, le imprese e i cittadini che abbiano dei debiti con questi Paesi “ostili” potranno pagare in rubli: visto il deprezzamento della valuta russa, una misura che mira a colpire i creditori occidentali.

Quello odierno si tratta di uno dei punti più bassi della cooperazione diplomatica tra le grandi potenze mondiali dai tempi della crisi missilistica di Cuba. Sbocchi al momento non se ne vedono all’orizzonte. La Cina si è proposta come “mediatrice”, ribadendo l’amicizia “solida come una roccia” con la Russia cui fanno da contraltare gli interessi economici di Pechino con gli Usa. Israele ha provato a fare lo stesso, con le missioni di Bennet a Mosca e le telefonate a Kiev. La Turchia ospiterà un incontro tra i ministri degli esteri Lavrov e Kuleba il prossimo 10 marzo, primo vero vertice ad alti livelli dallo scoppio della guerra. Tutto utile, niente di risolutivo. Il problema è che sul fronte europeo, dopo un primo momento di euforia patriottica sulle sanzioni e sull’invio delle armi all’Ucraina, iniziano i primi distinguo. La Polonia ha detto non consegnerà caccia all’Ucraina né consentirà l’uso dei suoi aeroporti, come invece annunciato da Washington. La piccola Moldavia si è astenuta dalle sanzioni per evitare di acuire lo scontro. L’Ungheria ha deciso di vietare il transito delle armi occidentali sul suo territorio: dovranno trovare un’altra strada. E Draghi denuncia che alcuni Paesi Ue si stanno muovendo con poca rapidità nel rendere operative le sanzioni contro la Russia. Non proprio il “blocco granitico” occidentale che ci si poteva attendere.

La Nato, dal canto suo, continua a inviare forze aggiuntive ai confini Est dell’Alleanza. Però non disporrà una No Fly Zone sopra i cieli dell’Ucraina: troppo rischioso. L’abbattimento da parte Nato di un aereo russo, o viceversa, provocherebbe uno scontato conflitto globale. A quel punto, resterebbe solo da capire se combattuto con armi tradizionali. O a suon di bombe atomiche.