No, vabbè, siamo a Petrolini, “bene!”, “bravo!”. In Qatar, ai Mondiali più loschi nella millenaria storia del meretricio calcistico (cit. architetto Melandri), si arriva direttamente alla farsa senza passare per la tragedia. Tutti sanno della fiera del Cialtrone, citofonare Infantino, che spaccia la Fifa, che presiede da pascià qatarino, per inclusiva e intanto vieta ai giocatori di indossare simboli inclusivi in sostegno ai discriminati sessuali del sultanato: sapete com’è, 5 miliardi valgon bene una messa in culo. Da cui una interminabile serie di gag tragicomiche, che dovrebbero seppellire di vergogna tutti ma proprio tutti e invece tutti e dico proprio tutti che galleggiano, non fate l’onda non fate l’onda, perché i Mondiali del sultanato sono tipo il Comma 22 di Heller nella versione delle Sturmtruppen: chi gioca può mettersi la fascia glbtq, ma chi mette la fascia glbtq non gioca.
L’ultima scena da avanspettacolo si ha col portiere tetesco ti Cermania, Manuel Neuer, che scende in campo (contro il Giappone) con la sua brava fascia ufficiale Fifa, niente “One Love”, dei diritti fuori d’Europa ce ne fottiamo: solo che la fascetta risulta leggermente velata dalla maglia, per cui un solerte guardalinee del Suriname, tale Zergelaar che si è così guadagnato il suo quarto d’ora di Storia, gli corre addosso a “verificare”. Ma che cazzo vuoi verificare. Più che le linee, questo guarda le intenzioni, tipo dietologo nazista di Fantozzi, “tu mancia!”. Intanto la regia, in panico, mostra tutto meno che la pantomima: le nuvole, le gnocche in tribuna, il pubblico pagante, rigorosamente etero, la faccia da Infantino di Infantino, imperturbabile.
Basta e avanza per oltrepassare le colonne d’Ercole del grottesco, però non basta. Perché a quel punto i pedatori crucchi ne fanno una davvero encomiabile, ma, soprattutto, impensabile: si mettono in formazione tipo, chinati, la mano davanti alla bocca. Praticamente sembrano una Nazionale che sta cagando e vomitando, vittima di una intossicazione collettiva. Per dire: ah, ma voi ci censurate, non si fa così. Già che c’erano, potevano infilarsi tutti e quanti la mascherina, che faceva molto agenda 2030. Gesto eclatante che però, non venendo neanche quello ripreso dalla televisione (e come ti sbagli?), è destinato ad eclatare un par de palle: passa e va, come una pisciatina di ribellione. Potrebbe bastare, eccetera eccetera, ma ancora non basta. Perché a metterla, la fascia maledetta, quella arcobaleno, è nientepopodimenen che la Ministren dell’Internen Teteschen ti Cermania, frau Nancy Faeser: lei può, sta in tribuna, seduta proprio vicino all’Infantin de Doha, che, ovviamente, non fa una piega anzi è contento: tutta pubblicità progresso per l’inclusione alla qatara.
Potrebbe finalmente bastare eccetera eccetera eccetera, e invece non basta mai. Perché a guarnire il tutto la Federcalcio crucca manda un comunicato bestiale: “I diritti umani non sono negoziabili”. Ah no? Se non erano negoziabili, non stavate lì. Se non erano negoziabili, i vostri calciatori non si mettevano a pecora, in tutti i sensi. Eddai, su: pensa se erano negoziabili. Ma qui nel sultanato pallonaro tutto è negoziabile dall’anima in poi. “Sosteniamo la nostra posizione” dice ancora la Federkrukken. Ecco, bravi, sostenete la posizione del doggystyle. In patria e in Europa si inginocchiano per ogni scemenza woke, in Medio Oriente mediano: e, alla fine, mollano. Aveva ragione Churchill, “fate sempre leva sui vostri princìpi, prima o poi finiscono per cedere”: ci hanno messo poco, si vede che i princìpi erano d’argilla. Ma quante verginelle incinte ma appena appena in Qatar, madamadorè: se il modo delle varie rappresentative, di tutte le rappresentative, è di sostenere le posizioni col burro, si finisce solo per ribadire lo strapotere degli sceicchi. Che, difatti, gongolano: nessuno si è messo di traverso, tutto fila come deve, la situazione è eccellente, i Mondiali sono inclusivi, il Qatar è inclusivo, Infantino è inclusivo.
Al punto che non ha neanche senso parlare di censura: non c’è bisogno, tutti sono più zelanti di un servo sciocco, è una bagarre a chi si adegua prima e meglio, a chi si rinnega da solo e dice all’altro, tocca a te, fammi vedere che sai fare. Ma che vogliamo prendercela con le televisioni se i giocatori sono i primi a dire no, dei soprusi, dei diritti, dei gay, delle lesbiche, della libertà da queste parti non potrebbe fregarcene meno? Quell’altro che si infila la fascia, sì, ma della Fifa: paura, eh?
Oh capitano, mio capitano: con la fascia ti ci netti il deretano. Questi campioni di tolla fanno figurare gesuiti, farisei, bottegai e filistei (cit. conte Mascetti) come degli intransigenti alla Bernardo Guy: gente che la bernarda non sa più a chi darla, tanto l’ha inflazionata. Quadricipiti potenti, polpacci roventi, garretti imponenti, ma, sotto sotto, due palline così. Come le biglie. Ce ne fosse uno.
Piuttosto che tirarsi un’ammonizione, vendono il cadavere della madre ancora caldo. Ad minora, se a questo Mondiale di Qatarro dopo la dignità, la decenza, la coerenza, resta ancora qualcosa da svendersi, la si svenderà al peggior offerente. Poi basta dire “ah, noi sosteniamo la nostra posizione”, e tutto va a posto. Dopo Morgan Freeman, un altro che sui diritti umani, neri in specie, ci ha costruito la villa hollywoodiana, senza la stanza della vergogna, manca solo invitare Greta Thunberg, Wanna Marchi e Aboubakar Souhamoro. Perché qui ai Mondiali, fin che si scherza si scherza, ma quando il gioco si fa duro i duri si mettono a 90. E non minuti.
Max Del Papa, 23 novembre 2022