Sul Qatargate si patteggia. O almeno, lo fa Antonio Panzeri, la figura cardine dell’inchiesta sui fondi esteri che avrebbero oliato chissà quali decisioni del Parlamento europeo. L’ex deputato ha deciso di firmare un accordo con la Procura e di collaborare con la giustizia: si farà un anno di detenzione, forse alcuni mesi di carcere, ma dovrebbe “cantare”. Cioè fare dei nomi.
Secondo i media del Belgio, Panzeri avrebbe ammesso “di aver partecipato ad una organizzazione criminale e di essere stato un corruttore attivo. “Uno degli importanti protagonisti di questo caso, Pier Antonio Panzeri, accompagnato dai suoi avvocati, ha firmato un memorandum con il Procuratore Federale, riguardo gli articoli da 216/1 a 216/8 del Codice di procedura penale”, si legge in un comunicato stampa della Procura federale belga.
Le accuse a carico dell’ex eurodeputato Pd poi Articolo 1 svariavano dall’organizzazione criminale alla corruzione, passando per il riciclaggio di denaro. In sintesi avrebbe incassato denari dal Qatar per influenzare le decisioni dell’Ue nel merito. L’accordo con la procura prevede “la reclusione, una multa e la confisca di tutti i beni finora acquisiti, stimata attualmente in un milione di euro”. In base all’accordo, Panzeri adesso dovrebbe fornire alla procura i dettagli sul modus operandi, sugli accordi con i Paesi esteri, sui beneficiari delle mazzette e sull’identità delle persone corrotte. Resta da capire se ha davvero ammesso, come scritto da alcuni quotidiani locali, di aver consegnato dei soldi all’europarlamentare socialista Marc Tarabella.
Intanto, la Corte di Appello di Brescia ha dato il via libera all’estradizione di Silvia Panzeri, la figlia dell’ex eurodeputato. Anche la moglie Marina Colleoni subirà lo stesso destino. Per loro l’accusa è di concorso in associazione a delinquere, corruzione e riciclaggio.