Sebbene in campagna elettorale sia inevitabile assistere alla solita baraonda di proposte irrealizzabili, soprattutto sul piano della sostenibilità dei conti pubblici, da liberale ho particolarmente apprezzato il bagno di sano realismo che sta contraddistinguendo l’approccio di Giorgia Meloni. Sottolineando ai suoi alleati la necessità di avanzare progetti politici credibili, la leader di Fratelli d’Italia mostra di adottare una lungimirante linea prudenziale. Ciò, al contrario di tanti altri personaggi navigati che in passato non si sono lesinati nell’elargire promesse miracolistiche, dimostra che probabilmente la ragazza della Garbatella è stata ampiamente sottovalutata dal punto di vista della sua visione strategica.
È assai probabile che ella, dopo aver compreso che il sistema politico è da tempo affetto da ciò che il mio compianto amico Giulio Savelli definì più volte come l’alternanza obbligatoria, abbia deciso di sostenere una competizione elettorale scevra di tali promesse miracolistiche, con l’obiettivo di durare oltre i limiti di una legislatura, così come è accaduto ad alcuni fenomeni che l’hanno preceduta. Matteo Renzi e gli scappati di casa del Movimento 5 Stelle ne rappresentano un esempio lampante. Raggiunto in breve un consenso stellare, proprio cavalcando l’illusione di poter accontentare qualsiasi istanza proveniente dal Paese, costoro lo hanno rapidamente e inevitabilmente perso a causa delle troppe aspettative che essi sono riusciti a capitalizzare nelle urne.
D’altro canto, sulla base dei nostri colossali problemi sistemici – bassa crescita, debito sovrano salito al 152% del Pil, eccesso di fiscalità e di burocrazia e un bilancio pubblico devastato dalla voragine della spesa corrente – quella che probabilmente passerà alla storia come la prima donna premier della Repubblica sembra essersi resa perfettamente conto che, con in un Paese che cammina letteralmente sull’orlo del baratro, non è più possibile scherzare col fuoco.
Non è più possibile, tanto per fare un esempio, comportarsi come il suo principale avversario del centro-sinistra, Enrico Letta il quale, probabilmente puntando più che altro ad una sconfitta onorevole, si è permesso il “lusso” di promettere all’esercito degli insegnanti italiani, molti dei quali appartenenti al bacino elettorale del Partito democratico, di adeguare i loro stipendi alla media di quelli europei, sebbene già adesso, a causa di una pianta organica smisurata, circa il 97% della spesa per l’istruzione pubblica serve a coprire i trattamenti economici dei lavoratori della scuola.
Non vorrei essere poi smentito dai fatti, ma se Giorgia Meloni dovesse mantenere la barra dritta su un tale concreto realismo politico-programmatico, abbastanza inusitato nell’Italia delle meteore, anche molti liberali che non l’hanno mai votata, tra cui il sottoscritto, potrebbero pensare di farlo. Staremo a vedere.
Claudio Romiti, 12 agosto 2022