“Chi pecora si fa, lupo se lo mangia”. Questo è un adagio popolare romanesco che certo non appartiene al linguaggio felpato delle diplomazie europee e dei consigli dell’Europa. Riassume però molto bene le aspettative di chi si è sentito in questi anni ingiustamente trattato dalla politica, che continuava a magnificare in maniera acritica ripeto acritica l’Europa. In tanti campi è stato troppo comodo invocare l’Europa quando non si era all’altezza di risolvere i problemi a livello nazionale. In questo modo ci siamo fatti pecora di fronte all’Europa, per farsi mangiare dai lupi. Offro alcuni esempi.
1. L’Italia ha due terzi del patrimonio mondiale della cultura ma alla fine non è stata capace di proteggere le sue guide turistiche che hanno una vocazione e una preparazione sicuramente superiore a quella delle guide turistiche degli altri paesi. Ricordate l’esempio dell’idraulico polacco che spaventava i tedeschi? Ma la competenza della professione dell’idraulico è abbastanza simile in tutta Europa i tubi sono tubi dappertutto, mentre la cultura il paesaggio il patrimonio artistico non sono uguali in tutta Europa. Ecco perché una difesa della specificità delle nostre guide turistiche avrebbe potuto essere fatta in nome di una diversità da rivendicare del nostro paese.
2. La politica energetica. I paesi del nord Europa negli ultimi 40 anni hanno utilizzato anche carbone lignite e nucleare oltre al più costoso gas. Noi italiani abbiamo invece deciso di utilizzare solo la fonte più costosa in assoluto che è il gas. Ora questo ci ha messo in una posizione di preminenza dal punto di vista della qualità ambientale ma anche in una posizione di maggiori costi per le nostre industrie. Ma guai a invocare il concetto di pari competitività del costo dell’energia per le nostre imprese. Si è sempre invocato il concetto di pari competitività della fonte energetica invece che del suo utilizzo. Con il risultato che i nostri piccoli artigiani le imprese di qualità di nicchia gli artigiani del vetro di Murano del tessile di moda e di tante altre lavorazioni che utilizzano l’energia, incluse le aziende dell’acciaio della plastica, le fonderie il vetro, si sono trovate spiazzate dalla competitività di chi poteva usufruire di un costo dell’energia più basso.
Eppure i tedeschi hanno negoziato la costruzione di un gasdotto privato tra loro e la Russia, il famoso Nord Stream, tanti anni fa senza che nessuno avesse battuto un sopracciglio. Un tracciato che escludeva gli altri paesi europei nel transito. Un esempio di politica energetica nazionalista a puro beneficio del proprio Paese. Ma molto prima, quando noi abbiamo provato a difendere la nostra agricoltura e i nostri allevamenti, ci ricordiamo la vicenda delle quote latte? Ci ricordiamo una progressiva riduzione della pac proprio a noi che siamo certamente un paese a più alta vocazione agricola rispetto a tanti paesi del nord Europa. E il caso del nutriscore? Chi ha difeso la dieta mediterranea rispetto alla follia europea di considerare che 100g di olio sono da considerare con il marchio rosso, mentre 100g di Coca cola hanno il marchio verde? Ma chi usa 100g di olio in un solo pasto?
Consideriamo il mercato del lavoro: in Italia un terzo degli occupati sono autonomi cioè il 33%; in un paese vicino come la Francia la percentuale di autonomi non raggiunge il 17%, cioè la metà. La piccola e la microimpresa sono una realtà del sistema produttivo italiano. Molte norme europee sono invece tarate, mirate verso la grande impresa. Questo significa che il costo fisso di un adempimento burocratico verso l’Europa in una grande impresa pesa molto meno che non in una piccola impresa. Il risultato è che una regola comune svantaggia il sistema produttivo italiano e avvantaggia automaticamente il sistema produttivo del nord Europa.
Sarebbe come mettere sullo stesso ring un pugile peso massimo e un pugile peso velter. Sarebbe come far competere nella stessa regata nautica una barca a vela da 18 metri con una barca a vela da 9 m. Ovviamente il mio punto di vista è che l’Europa ha portato al netto più benefici che costi al nostro paese sin dalla firma del trattato di Roma del 195ma. Ma un effetto aggregato netto positivo nasconde una somma algebrica di risultati positivi e risultati negativi. Quello che c’è da fare ora è semplicemente annullare le componenti negative in maniera tale che la somma sia tutta di elementi positivi. Questo vuol dire stare in Europa da protagonisti e non da gregari. Draghi ha indicato l’imbocco di questa strada. Con i dovuti aggiustamenti, tipo l’aggiornamento dei costi dell’energia nei piani del Pnrr, che se no non va avanti, sta al prossimo governo proseguire lungo questa strada per il bene degli italiani.
Andrea Bollino, 30 settembre 2022