“Sento un profondo disprezzo per lo Stato. Io ritengo che lo Stato sia il nemico, io penso che lo Stato sia un’associazione criminale. Di fatto lo Stato è un’associazione criminale in cui un insieme di politici si mettono d’accordo e decidono di utilizzare il monopolio per rubare le risorse del settore privato”. Questo uno dei più significativi passaggi della lunga intervista rilasciata dal presidente argentino Javier Milei, a Nicola Porro, nel corso di Quarta Repubblica, in onda su Rete4.
In estrema sintesi, si è trattato di uno spettacolare intervento anti-statalista senza precedenti, soprattutto in una Italia dominata da decenni di keynesismo a tutto tondo. Da questo punto di vista il coraggioso – se non addirittura temerario – approccio di Milei si richiama in toto ad una celeberrima espressione di Ronald Reagan, altro monumentale esempio di un liberalismo freedom, per così dire: “Non vi aspettate che lo Stato risolva i vostri problemi, poiché è lo stato medesimo il problema.”
Al di là degli aspetti certamente pittoreschi del personaggio e a prescindere da ciò che egli riuscirà concretamente a realizzare in un Paese, l’Argentina, drogato da un pervasivo e catastrofico assistenzialismo, il nostro ha impartito ai telespettatori sintonizzati una grande lezione di buonsenso economico, individuando in ogni passaggio il principale obiettivo della sua linea politica: ridurre il più possibile l’intervento della mano pubblica nella società. Intervento pubblico che, secondo un postulato fondamentale della Scuola austriaca di economia, dovrebbe essere ridotto al minimo indispensabile, proteggendo la proprietà privata e incoraggiando in ogni modo l’iniziativa privata. Tutto questo, secondo il leader argentino, costituisce la base fondamentale di una società libera composta da uomini liberi.
Incalzato dal conduttore, il quale gli ha ricordato che buona parte dell’Occidente tende verso una strada opposta alla sua, con un crescente intervento dello Stato in economia, Milei ha ribattuto con una domanda tanto provocatoria quanto pleonastica: “Sa dirmi in quale zona del mondo l’economia cresce di meno?”. Ovviamente egli ha puntato il dito nei riguardi dell’Europa comunitaria, in cui i dogmi del welfare assistenziale, che in Italia ha raggiunto livelli insostenibili da tempo, sono cristallizzati da decenni nell’idem sentire di popolazioni indottrinate da una martellante propaganda.
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Sta di fatto, in conclusione, che l’enorme masso che Milei ha gettato nell’acqua stagnante nella consolidata cultura statalista del Vecchio Continente dovrebbe almeno farci aprire una approfondita riflessione sulla strategia che quest’ultimo, al pari di molti veri liberali italiani, ritiene decisiva per lo sviluppo economico e sociale delle nostre comunità nazionali: una decisa riduzione del sempre più invasivo intervento pubblico in ogni ambito della società. Ciò, in soldoni, non può che tradursi in meno spesa pubblica, meno tasse e meno regole burocratiche. Non credo ci sia altro da aggiungere.
Claudio Romiti, 13 febbraio 2024