Quali sono le “ragioni” della Russia

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Putin Zelensky

Nelle scienze naturali l’indagine verso l’aspirata “verità” procede mettendo di proposito in dubbio la convinzione cui si è pervenuti e, se più la si dubita più quella convinzione resiste, essa acquisisce titoli per far parte del corpo di conoscenze che si chiama “teoria scientifica”. Bisogna essere consapevoli che a volte – anzi, devo dire che nelle scienze naturali accade quasi sempre – non risulta vero ciò che appare ovvio. Per esempio, se i proiettili da una pistola sono sparati alla velocità di 300 metri al secondo, quando il tiratore si trova in un treno che vi passa davanti alla velocità di 100 m/s, sembrerebbe ovvio concludere che voi misurereste pari a 300+100=400 m/s la velocità del proiettile. Orbene, il fatto è che più si indaga questa “ovvia” conclusione più essa risulta errata.

Immagino che il metodo scientifico possa applicarsi anche in ambiti diversi dalle scienze naturali. Certamente in ogni ambito ove si possano progettare esperimenti specifici per mettere alla prova la convinzione iniziale. E immagino che questo sia possibile, in certa misura, anche nell’ambito della Storia. Qui, però, non possono farsi esperimenti, ma bisogna affidarsi solo a documenti scritti: non a caso la Storia comincia con l’uso della scrittura.

Quando si tenti di indagare la questione Russia-Ucraina, più la si indaga più, a me sembra, la Russia ha ragioni da vendere. Certo, in apparenza, è accaduto che un brutto giorno – il 24 febbraio 2022 – i carri armati russi hanno attraversato il confine ucraino, e l’intangibilità territoriale di uno Stato sovrano è stata subito invocata. Ma è questa un’apparenza, come lo è la velocità di 400 m/s del proiettile di cui sopra, o dietro l’apparenza c’è dell’altro? Dobbiamo vedere come si formò il territorio dell’Ucraina e in che senso esso aveva, nel 2022, riconosciuta intangibilità. L’Ucraina si formò come Stato indipendente, per la prima volta, nel 1917, e comprendeva un territorio che era la metà di quello che oggi diciamo intangibile.

Quando nel 1922 aderì all’URSS e da Repubblica popolare d’Ucraina divenne Repubblica socialista sovietica, le furono assegnati nuovi territori. In particolare l’URSS le assegnò i territori meridionali, confinanti col Mar Nero, che nel 1734, sotto Caterina la Grande, la Russia aveva riconquistato dall’Impero Ottomano; le assegnò i territori orientali, Donbass compreso, che facevano parte della Russia; e le assegnò la regione di Kiev, che nel 1667 lo zar di Russia di allora aveva acquistato dalla Polonia con denaro sonante (200mila rubli). Quest’ultima circostanza era, a conclusione di conflitti con la Polonia, il contenuto del Trattato di Andrusovo, che prevedeva che anche Kiev, sebbene fosse sulla riva occidentale del fiume Dnipro, fosse parte della Russia: inizialmente solo per 2 anni, ma poi la cosa divenne permanente in seguito al pagamento, nel 1686, di altri 176mila rubli.

Le ragioni per cui nel 1922 Lenin decideva di allargare i confini della neo-formata Repubblica socialista sovietica d’Ucraina sono molteplici, ma tutte legate alla organizzazione interna dell’URSS: nulla di dovuto all’Ucraina, quindi; i cui territori furono nuovamente allargati a Ovest nel 1945 con la conclusione dell’ulti\-ma guerra mondiale, e nel 1954 con l’assegnazione della Crimea dalla Russia all’Ucraina. Anche quest’ultimo atto non può essere visto se non come riorganizzazione interna dell’URSS.

Quando questa decise di sciogliersi, al momento della definizione della Repubblica indipendente di Ucraina, la Russia avrebbe potuto ben pretendere che la prima rientrasse entro i confini che aveva quando aderì all’URSS, e che essa Russia si riprendesse i territori settentrionali acquistati dalla Polonia, quelli meridionali riconquistati dall’Impero ottomano, e quelli orientali (Donbass compreso) che era\-no Russia. Insomma, la consistenza della Repubblica d’Ucraina del 1991 avrebbe ben potuto essere quella originale del 1917 aumentata, semmai, dei territori occidentali assegnatile dopo la fine dell’ultimo conflitto mondiale. Ma la Storia, si dice, non si fa coi “se”.

E, appunto, nel 1991 la Russia fu la prima a riconoscere di buon grado uno Stato d’Ucraina con tutti i territori che esso ora ritiene intangibili e la cui intangibilità la stessa Russia riconobbe. Lo riconobbe nel 1991, quando si formò il nuovo Stato indipendente d’Ucraina; e lo ribadì nel 1994 quando, col Memorandum di Budapest, l’Ucraina cedeva il proprio arsenale nucleare alla Russia. Con questa cessione l’Ucraina dava seguito alla «solenne» promessa, messa nero su bianco il 16 luglio 1990, che sarebbe stata uno Stato denuclearizzato (cioè che non avrebbe né mantenuto, né successivamente acquistato o costruito armi nucleari) e sarebbe stata uno Stato neutrale. Questa «solenne» promessa era, per la Russia, condizione necessaria per riconoscere alla neo-Repubblica indipendente d’Ucraina un territorio doppio di quello che essa aveva quando entrò a far parte dell’URSS. Evidentemente, alla Russia – che con 17 milioni kmq è lo Stato più esteso del pianeta – importava, per la propria sicurezza, la garanzia della neutralità dell’Ucraina più che 200.000 kmq di territorio in più.

Nel corso della sua appena ventennale vita democratica l’Ucraina è stata divisa – grosso modo metà e metà – in due principali, diciamo così, “partiti”: quello filo-occidentale e quello filo-russo. Le ingerenze esterne, naturalmente, non le sono mancate, dall’una e dall’altra parte. Ma, per quel che è dato sapere, inizialmente, non si sono spinte oltre il minimo della decenza. Le elezioni del 2004 furono vinte dal partito filo-russo, ma le cosiddette Proteste Arancione – sostenute dall’ingerenza americana – fecero ripetere le elezioni finché non vinsero i filo-occidentali, che governarono fino al 2010 senza che la Russia intervenisse in alcun modo da suscitare proteste da parte di alcuno. Nel 2010, poi, vinse il “partito” dei filo-russi, e stavolta in modo così schiacciante da non consentire alcuna scusa per pretendere la celebrazione di nuove elezioni.

Il governo che si formò, poi, in Ucraina col colpo di Stato del 2014 si dichiarò esplicitamente ostile alla componente filorussa, il grosso della quale, in Crimea e nel Donbass – vistosi privato con la forza del presidente che avevano eletto e minacciato dal nuovo governo con propositi dichiaratamente ostile ai russofoni – pensò di separarsi dal resto del Paese promulgando appositi referendum. Inoltre, il governo cominciò sùbito col dichiarare che si sarebbe prodigato per far aderire il Paese alla NATO, un rospo troppo grosso per la Russia da ingoiare. Questa – vista tradita la «solenne» promessa del 16 luglio 1990 – si sentì legittimata a rimangiarsi il riconoscimento dato all’Ucraina nel 1991, ribadito nel 1994, e rispettato fino al 2014. Anno in cui si riappropriava della Crimea, ove peraltro aveva una base militare per la quale pagava l’affitto all’Ucraina.

Il governo ucraino, fatto evidentemente di elementi inesperti, fece l’errore di mettersi contemporaneamente contro i filo-russi (che costituivano almeno un buon terzo del Paese) e contro la Russia. Mentre scrivo mi sovviene alla mente un caso simile: quello di Salvador Allende che in Cile fece l’errore di mettersi contemporaneamente contro i latifondisti locali e contro gli USA, e sappiamo come finì. Poi nel 2019 l’Ucraina cambiava la propria Costituzione, mettendo nero su bianco il tradimento alla «solenne» promessa di neutralità: l’Ucraina – si dice nella Costituzione emendata – aderirà alla NATO. Questo conflitto, allora, appare come l’inevitabile conseguenza che sta subendo chi ha tradito una «solenne» promessa. La parola «solenne» sta scritta nella dichiarazione del 16 luglio 1990. Se le parole hanno un senso, direi che il Governo ucraino degli anni 2014-19 la fece grossa. Volodymyr Zelensky, non meno inesperto dei predecessori, non ha saputo rimediare.

Franco Battaglia, 6 settembre 2024

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