Gli indifendibiliIl Porrodcast

Quando essere discriminanti era un valore

Il Porrodcast by Michele Silenzi

Un tempo, essere discriminanti significava essere in grado di percepire sottili distinzioni. Era un complimento. Ad esempio, dire di una persona che “aveva un gusto discriminante per i vini” significava che aveva un palato fine, in grado di apprezzare le sottili differenze tra diversi tipi e varietà di vino. Un gusto discriminante significava un gusto colto.

Non è più così: oggi accusare qualcuno di comportamento discriminante significa insultarlo e calunniarlo. In molti casi significa considerarlo un criminale, poiché in molte società in apparenza civilizzate praticare una discriminazione è contro la legge. Nel libro Le ragioni della discriminazione (Liberilibri), Walter Block sostiene sia giunto il momento di correggere questa situazione e di far rientrare il discriminatore nella società civile. E questo perché la discriminazione può non essere piacevole, certo, soprattutto se riguarda l’etnia, le preferenze sessuali, l’età, le disabilità o qualsiasi altro aspetto del genere, ma come libertari, dice Block, non ci interessa la “gentilezza”.

Le ragioni della discriminazione

Nel libro in modo certo provocatorio ma soprattutto analitico e consequenziale, Block, autore anche del best seller Difendere l’indifendibile, spinge la sua difesa della libertà fino a dimostrare che la discriminazione non deve riguardare lo Stato e le sue leggi ma la libera scelta individuale. Lo Stato che regola gusti e preferenze di individui e imprese, mascherandosi dietro potenziali vittime di discriminazione stabilite a seconda dell’emergenza del momento, non mira che a espandere la propria sfera d’influenza a discapito della libertà dei singoli.

Michele Silenzi, 16 luglio 2023