Dopo oltre trent’anni di diminuzione delle temperature medie globali, a metà degli anni Settanta del secolo scorso i media scocciavano l’umanità del pericolo di una imminente, va da sé catastrofica, era glaciale. E invocavano azioni incisive e rapide da parte dei politici. Di seguito un esempio di Gretinismo ante litteram. L’articolo (di cui vedete l’immagine) è stato tradotto da Leonardo Valente, un giovane studente di liceo, che tutto è fuorché Gretino. Buona lettura.
Raffreddamento globale, da Newsweek Magazine del 28 Aprile 1975
Abbiamo minacciosi segnali che i trend climatici della Terra abbiano drammaticamente iniziato a cambiare e che questi cambiamenti possono annunciare una drastica riduzione di produzione di cibo – con conseguenti serie implicazioni politiche per ogni singolo Paese del mondo. Il crollo di produzione di cibo potrebbe iniziare presto, forse tra solo dieci anni. Destinate a subirne l’impatto vi sono le grandi distese di coltivazione di grano in Canada e nel nord dell’Unione Sovietica, oltre ad alcune aree tropicali marginalmente auto-sufficienti – India, Pakistan, Bangladesh, Indocina e Indonesia – dove le stagioni dei raccolti dipendono dalle piogge monsoniche.
Le prove a sostegno di queste previsioni si stanno così abbondantemente accumulando che i meteorologi hanno difficoltà a tenere il passo. In Inghilterra, le stagioni della crescita delle colture sono diminuite di due settimane dal 1959, con una diminuzione di produzione di grano di 100.000 tonnellate l’anno. […].
Per gli scienziati, questi eventi apparentemente diversi tra loro rappresentano i primi segni di cambiamenti fondamentali del clima. Il fatto più importante è che dopo tre quarti di secolo di clima straordinariamente mite, il clima della Terra si sta raffreddando. I meteorologi non concordano sulla causa e sull’entità di questo raffreddamento globale, come pure sul suo specifico impatto sulle condizioni meteo locali. Ma sono quasi unanimi sulle sue conseguenze in ordine alla riduzione della produzione agricola per il resto del secolo. Se il cambiamento climatico è così profondo come alcuni pessimisti temono, le risultanti carestie potrebbero essere catastrofiche. “Un drastico cambiamento climatico ci forzerebbe ad azioni economiche e sociali su scala globale”, avverte un rapporto recente scritto dall’Accademia Nazionale delle Scienze.
Una ricerca completata lo scorso anno dal Dottor Murray Mitchell dell’Agenzia Nazionale dell’Atmosfera e degli Oceani (NOAA) ha rilevato tra il 1945 e il 1968 una diminuzione di mezzo grado della temperatura media alla superficie dell’Emisfero settentrionale. Secondo George Kukla della Columbia University, foto scattate dai satelliti indicano un improvviso, grande aumento della quantità di neve sull’Emisfero settentrionale durante l’inverno 1971–72. E uno studio pubblicato lo scorso mese da due altri scienziati del NOAA osserva che l’insolazione sull’America continentale è diminuita del 1.3% dal 1964 al 1972.
All’uomo della strada queste variazioni di temperatura e insolazione possono essere ingannevolmente apparire minuscole. Ma Reid Bryson della University of Wisconsin rammenta che durante le grandi glaciazioni la temperatura media terrestre era di appena 7 gradi inferiore ai periodi di Optimum climatico – e quindi il declino attuale ha già percorso un sesto del cammino verso un’era glaciale. Altri considerano questa diminuzione di temperature come un ritorno alla Piccola era glaciale, tra il 1600 e il 1900, quando si ebbero inverni gelidi nella maggior parte dell’Europa e del Nord America – a quei tempi i londinesi attraversavano con buoi il Tamigi ghiacciato e le slitte a vela navigavano il fiume Hudson fino a quasi a New York.
Le cause delle piccole e grandi era glaciali rimangono ancora un mistero. “La nostra conoscenza sul meccanismo del cambiamento climatico è tanto frammentaria quanto lo sono i dati a noi disponibili”, ammette un rapporto dell’Accademia Nazionale delle Scienze americana. “Non abbiamo le risposte alle domande fondamentali, e in molti casi non sappiamo neanche porci le domande giuste. […]”
I climatologi disperano che i leader politici sapranno correttamente agire per compensare per contrastare il cambiamento climatico, o anche solo alleviare gli effetti negativi. Essi ammettono che alcune delle più spettacolari soluzioni a questo problema, come per esempio sciogliere le calotte glaciali coprendole con della fuliggine nera o deviare i fiumi artici, potrebbero creare problemi molto più grandi di quelli che si risolverebbero. […] Ma più i responsabili politici ritardano, più sarà difficile affrontare i cambiamenti climatici quando essi diventeranno una difficile realtà.
Franco Battaglia, 7 ottobre 2019