Quello di cui stiamo per parlarvi è un libro spaziale. Mi rendo conto che per i suoi detrattori, il 99 per cento del pensiero comune eccettuato il nostro Franco Battaglia, potrebbe piuttosto sembrare lunare. Ma voi leggetelo e fatevi un’opinione libera. Si chiama In difesa dei combustibili fossili, originariamente edito da Penguin nel 2014, è arrivato in Italia grazie a Ibl libri. È scritto da Alex Epstein. Scrittore di grandissimo successo in America, controintuitivo, non ha ancora quaranta anni, laureato in filosofia alla Duke university, e ricercatore presso il prestigioso think tank liberale Cato insitute. In difesa dei combustibili fossili, toccherebbe farlo leggere a tutti quegli scienziati che hanno deciso, solo poche settimane fa, di tassare le auto diesel per agevolare le auto elettriche. Occorrerebbe farlo leggere ai nostri figli ormai plagiati dal pensiero unico sui danni arrecati da petrolio, carbone e gas. Che come ricorda il Nostro rappresentano l’87% per cento dell’energia prodotta sul nostro pianeta.
Un filo del pensiero di Epstein, per noi latini meno comprensibile, è giustificare la bontà del combustibile fossile a partire dal suo successo, anzi visto l’aumento del suo utilizzo negli ultimi decenni. È un ragionamento pragmatico, tipicamente anglosassone, per cui, di base, il successo è il metro del merito. Dalle nostre parti vi è sempre un non detto su cosa e chi primeggia: sì, si può concedere il successo, ma sempre con l’ombra del modo con cui è stato realizzato.
La parte per noi più interessante è come, dati alla mano, Epstein distrugga uno per uno tutti i pregiudizi contro i combustibili fossili. Abbiamo, dice Alex, un’attitudine a valutare petrolio e affini sui rischi che il loro utilizzo comporta, e mai sui benefici che essi hanno procurano. È di mostruosa evidenza un grafico, ad esempio, in cui si mettono in relazione tre curve: l’utilizzo dei combustibili fossili, l’aspettativa di vita e il reddito. Ebbene all’aumentare della prima, aumentano anche le altre due. Il fenomeno recentemente è stato lampante per Cina e India, ma nel passato ha riguardato tutti l’occidente sviluppato.
Inoltre l’inquinamento dell’aria, nonostante negli ultimi quarant’anni l’uso dei combustibili fossili sia raddoppiato, si è ridotto e di pari passo sono aumentate le fonti di accesso all’acqua.
Nel primo capitolo Epstein ci fa divertire su tutte le bufale create negli anni 70 (non solo quelle del famigerato Club di Roma che prevedeva la fine del petrolio negli anni 90) e sul fatto che esse, nonostante la smentita empirica, continuino ad alimentare i pregiudizi contro i combustibili fossili. Ricorda, una cosa che in pochi ricordano, e cioè che in quegli anni si dava per certo un raffreddamento del pianeta e l’arrivo di nuove pericolosissime glaciazioni. A predirlo più o meno gli stessi che oggi sono passati al caldo e alla desertificazioni. Leggete questo libro e vi farete un’idea di come un pensiero unico si possa formare e prosperare grazie alla lenta diffusione di una balla collettiva che dura dagli anni 70.
Nicola Porro, Il Giornale 12 gennaio 2019