«Al fine de le sue parole il ladro/ le mani alzò con amendue le fiche/ gridando: ’Togli, Dio, ch’a te le squadro’!». Sono versi del XXV Canto dell’Inferno di Dante e chi inveisce contro il Creatore è Vanni Fucci da Pistoia, detto “Bestia”. Il gesto osceno e l’epiteto infamante ricordano – è proprio il caso di dire citando Virgilio, si parva licet componere magnis (se è lecito paragonare le cose
piccole alle grandi) – un’altra bestia nostrana, Matteo Salvini, che per sfida girava con una maglietta «Meglio Bestia che Renzi» e chiamò “bestia ”la potente macchina social messa al suo servizio nel 2014 da Luca Morisi.
Certo Salvini non è Vanni Fucci: si sarà pure reso colpevole di crimini contro l’umanità, con gli episodi delle navi Diciotti e Gregoretti, ma non ha nulla a che vedere con la professione di Arsenio Lupin e del suo avo pistoiese, immortalato da Dante. D’altronde anche il gesto osceno è diverso. “Far le fiche” (chiudere a pugno la mano, inserendo il pollice tra indice e medio, a rappresentare l’organo sessuale femminile posseduto dal pene, il pollice appunto) è diverso dall’innalzamento del dito medio, segno del pene in erezione, che compare nel selfie che la signorina E.L., seduta in aereo vicino a Salvini, ha scattato, approfittando della pennichella del Capitano. Tutto sommato, ci troviamo dinanzi a un passo avanti compiuto dalla civiltà delle buone maniere. Il gesto del dito medio, in fondo, è più stilizzato rispetto all’altro, privilegiato non solo da Dante ma anche da Rabelais e da altri, ed è anche meno volgare del gesto dell’ombrello che, per essere effettuato, richiede due mani, dovendo l’una toccare il centro del braccio dell’altra (lo ricordiamo tutti nella scena de I vitelloni in cui l’Albertone nazionale lo faceva ai lavoratori passando con la macchina davanti a un cantiere stradale).
E tuttavia il selfie della sardina (?) resta un episodio che non va drammatizzato – «una stupidata un po’ vigliacca» l’ha definita Francesco M. Del Vigo sul Giornale – ma che è inquietante per quel che rivela ovvero che siamo purtroppo diventati, almeno per un’ampia parte del Paese, una società incivile. Salvini, come bello addormentato, già altre volte è stato al centro di selfie molto discussi. Involontariamente certo, come capita al compagno di merenda che, nella foto della scampagnata, viene ritratto con le corna che, senza che lui se ne accorgesse, gli ha fatto il vicino. È capitato un anno fa, quando l’ex fidanzata Elisa Isoardi, ha voluto immortalare l’after sex con l’allora viceministro con una foto su Instagram, forse pensando al celebre quadro di Sandro Botticelli (National Gallery di Londra) in cui si vede Venere che accenna un sorriso mentre Marte «dorme sfinito dalle fatiche dell’amore e lascia che le sue armi diventino giocattoli» per i
piccoli satiri.
Ovviamente il selfie della Isoardi è molto meno estetico del quadro e, rispetto a quello di E.L., è “tutta pubblicità” per il leader del Carroccio, in anni segnati dalle (stupide) vanterie erotiche del Cavaliere. Va riconosciuto, però, che è non meno lesivo di quel sacrosanto diritto alla privacy che con tanta insistenza politici e giornalisti rivendicano quando si tratta delle loro persone. Sennonché questo ordinario episodio di maleducazione ha avuto un risvolto grottesco, che oggi non poteva mancare. La vicina di Salvini non si è limitata a far vedere la sua bravata ad amici e parenti stretti ma l’ha postata, come detto, sul suo profilo Instagram. A questo punto la senatrice del Carroccio, Roberta Ferrero, l’ha ripresa su Twitter, senza pixelare il volto della giovane, sicché non sono mancati gli insulti dei fan di Salvini, che hanno indotto la giovane a disattivare il proprio profilo.
Apriti cielo! Giuditta Pini, deputata del Pd ha scritto su Twitter: “Se sei una donna e contesti Matteo Salvini, lui ti esporrà a ogni genere d’insulti. Non ti insulterà lui, lo farà fare da altri. La vergogna non è in chi contesta, la vergogna è in chi usa il suo ruolo per avallare la violenza. Non lasciamo sole queste donne». Insomma se si dileggia Salvini e lui si difende la vittima diventa l’offensore. Siamo il Paese in cui il principio liberale e occidentale della distinzione dei ruoli e del rispetto che si deve ad ogni persona, per dirla alla napoletana. «non ha mai praticato».
Tanti anni fa, Giorgio Almirante, al ritorno da un comizio, fece sosta nell’autogrill di Cantagallo e i dipendenti appena lo videro si rifiutarono di servirlo ed entrarono in sciopero. Un episodio di cui vergognarsi davvero. Cui seguì, per dovere di cronaca, la reazione di Ordine Nuovo, in nome della giustizia-fai-da-te, altro esecrabile “costume di casa”. C’è poco da fare, gli abiti totalitari della mente e del cuore sono il virus che fascismo e comunismo ci hanno trasmesso e che non riusciamo a debellare. La Pini, laureata in Mediazione linguistica e culturale, potrebbe forse rileggersi qualche classico del pensiero liberale e democratico d’area euro-atlantica. Constaterebbe che il dissenso politico non autorizza l’insulto e l’irrisione.
Dino Cofrancesco, Il Dubbio 21 dicembre 2019