Io non ce l’ho con gli stranieri, lo siamo stati anche noi nel ‘900 e non è che ci trattassero meglio. Il problema è che un migrante italiano “in terza classe costa mille lire, odore di spavento e di mare morto” se avesse avuto 10 milioni di allora non avrebbe avuto bisogno di emigrare. Con quei soldi poteva avviare un’attività commerciale o comprare un appezzamento di terreno da coltivare. I nuovi migranti “economici”, invece, pagano migliaia di dollari per traversare il Mediterraneo su un barchino o un gommone.
Dove li prendono? Chi li dà? Ma soprattutto, con quei soldi in Africa puoi vivere tranquillamente. E allora? A parte chi fugge dalla guerra (non mi sembra che marocchini o cingalesi abbiano conflitti in atto), gli altri?
Molti si “inseriscono”, uso un termine caro alla sinistra (anche se si inseriscono le macchine, non gli esseri umani), altri si “integrano”, ma per lo più sono accolti come “profughi”.
Io non ho nulla contro gli stranieri, ma credo che in Italia l’immigrazione, a destra come a sinistra, sia la metafora più evidente della burocrazia. Perché i comunisti al posto di tassare le merendine (ma non mangiavano i bambini?) non ricordano la propria storia? È vero: non esistono più i Gulag e in Siberia i ghiacci si stanno sciogliendo, ma dovrebbero essere coerenti con la propria tradizione.
Invece la burocrazia blocca tutto. A un clandestino danno il foglio di via, che più che una legge attuabile nella pratica, ricorda il “Monopoli”: al foglio di via corrisponde al “riparti dal via” del gioco in scatola. Quindi poi, nella maggior parte, questi che per la sinistra sono dei recidivi, da sventolare come simbolo di accoglienza e bontà, finiscono in galera.
Tanti stranieri cercano lavoro, lo trovano, alcuni regolarizzati ma la maggior parte lavorano in nero se già va bene. Per lo più sono sfruttati, nei campi come sulle strade a mendicare o a finire schiavi come prostitute e come prostituti. Per lo più, però, bighellonano tutto il giorno nelle piazze: davanti alla Stazione Centrale di Milano come a Roma Termini, come nei parchi di qualsiasi città.