Quei venti passi di Trump nella storia

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Sono sempre cauto nel parlare di Donald Trump, così come di Vladimir Putin, perché secondo il mainstream culturale e giornalistico dominante l’intero Occidente, i due, dicono convinti, rappresenterebbero il male assoluto. Sarà vero? Sarà falso? Problemi loro, il mio è divertissement in purezza. Lasciamo stare Vladimir, concentriamoci su Donald (pardon, The Donald). Ebbene sì, oggi ne parlo in modo tale che neppure la censura-autocensura dominante avrà nulla da eccepire.

Un tempo la Corea del Nord era chiamato il “Regno eremita”, un regime nazicomunista, tal quale come la sua protettrice Cina, però più riservato. Quest’ultima però aveva in più una spruzzata di finto liberalismo ad uso degli allocchi occidentali, ma che, quatta quatta, se rimarrà al potere l’imbarazzante classe dominante che ci governa da un quarto di secolo, entro il 2049 (centenario della Grande Marcia, che prenderà, per i sudditi, il posto di tutte le altre feste religiose e laiche), senza neppur fare uno straccio di guerra, gli permetterà di dominare il mondo.

Anche in questo caso Trump è stato innovativo, soprattutto è stato coerente con il credo del Ceo capitalism che aborre i corpi intermedi delle organizzazioni, statali e non. Apro una parantesi, un errore il mio, un corpo intermedio lo accetta, le lobby. Parlo solo per me, lobbying significa corruzione (si dissemini Trojan come se piovesse), ne ho scritto, e molto. Chiusa parentesi. Comunque, e su questo non ci piove, che ha fatto il birbante? Con un tweet si è liberato sia delle feluche (funzione ormai inutile, per questo il Ministero degli Esteri lo assegnano a funzionari-maggiordomi, per questo quei maschilisti di Bruxelles danno a una donna l’Alto Rappresentante per la Politica estera) sia delle sceneggiate alla Barack Obama che si portava dietro (solo) giornalisti-maggiordomi. Un tweet, e questi due mondi, finti, sono finiti in un battibaleno.

Un grande colpo di teatro che avrà reso ancor più furibonda la cricca di Hollywood e avrà fatto divertire il mitico Clint Eastwood. È stato lui, il birbante, Houdini 2.0, al contempo Presidente, Comandante in capo, registra, coreografo, editorialista, mezzo busto, che ha dato una dimostrazione di come si possa declinare in politica la strategia tipica del Ceo capitalism che va sotto il nome di disruptive innovation. Questa ha fatto sparire l’orologio, le macchine foto, i navigatori portatili, le console per i videogame, i giornali cartacei, le librerie, i supermercati, i taxisti, il trio musica-film-tv, la formazione, li ha tutti inseriti nello smartphone, e ha gettato gli stampi originali. Ora si appresta ad eliminare definitivamente la classe media, qua avrà qualche problema in più, essendo sì molto impoverita ma ancora vivente. Con la mossa dell’altro ieri, The Donald ha completato l’opera, per la parte medio alta della piramide.

Che ha fatto il birbante in Nord Corea? Venti passi, sì venti passi che però lo fanno entrare nella Storia, pensa te (anche Papa Francesco lo ha colto). Una Storia sbrindellata, dominata da mezze calzette, come sono costoro (tutti), ma pur sempre Storia.

Riccardo Ruggeri, 1° luglio 2019

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