Divisa su tutto. Anzi, non proprio su tutto. In realtà c’è un dossier in grado di tenere in piedi quel che resta del campo largo, una sinistra-sinistra già capace di fare disastri al governo. Ci riferiamo naturalmente a Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e alleanza Verdi-Sinistra, un trio che si definisce da solo. Ed è piuttosto semplice indovinare cosa tiene insieme queste tre entità: la Cina. Tant’è che più che di “campo largo” dovremmo parlare di “partito cinese”.
Basti pensare all’atteggiamento tenuto da Schlein, Conte, Bonelli e Fratoianni sul fronte dazi. Visibilmente irritati dal peso internazionale di Giorgia Meloni, di fatto hanno deciso di voltare le spalle agli Stati Uniti per abbracciare la Cina. L’ultima conferma è arrivata nelle scorse ore: dopo aver cercato qualsiasi pretesto per polemizzare sulla missione del primo ministro a Washington, i compagni non hanno aperto bocca sulla visita del premier spagnolo Pedro Sanchez alla corte comunista di Xi Jinping. Evidentemente la subalternità a Pechino va bene, mentre guai a trattare con quel pazzo di Trump.
La sinistra va a braccetto solo sulla Cina, dunque, ma non è neanche una sorpresa. La storia viene in nostro soccorso. Prendiamo in considerazione i principali governi europei: dalla Germania della Merkel alla Francia di Macron, reverenza totale nei confronti di Pechino. Emblematica la firma dell’Accordo globale sugli investimenti tra Ue e Dragone. Invece, per quanto concerne il nostro passato recente, Conte ha tanto di cui parlare, a partire dalla Belt and Road Initiative, in grado di piazzare i cinesi in porti, infrastrutture e tecnologie italiane ed europee. All’epoca fu grande la gioia dell’autoproclamato avvocato del popolo, sostenuto da Luigi Di Maio, poi diventato atlantista di ferro.
Niente da dire sul rispetto dei diritti umani, niente da dire sulle varie storture del partito comunista cinese. Braccia aperte, a tal punto da pensare di abbandonare la storica alleanza con Washington. Negli ultimi giorni si sono moltiplicati elogi e applausi da parte dei filocinesi nei confronti della Repubblica Popolare, tra il presunto rispetto del diritto internazionale, la presunta fiducia nel multilateralismo e la presunta opposizione al protezionismo. Tante parole, pochi fatti. Ma evidentemente ci si può accontentare dei soliti proclami.
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E attenzione. La sinistra pro-Cina ha una guida, una benedizione di peso: parliamo di Romano Prodi. Sì, proprio lui, il professore che tira i capelli alla giornalista di Quarta Repubblica e non chiede scusa. Fu lui nel 2006 a benedire la svendita di interi comparti industriali alla Cina. E sempre il guru del Pd è tornato alla carica negli ultimi giorni, sponsorizzando la sinizzazione dell’Europa. “Direi che quel che è accaduto al recente congresso del Partito comunista è assai importante: il primo ministro nel suo discorso ha ripetuto un numero considerevole di volte, mai tante nella storia cinese, l’espressione ‘aumento dei consumi’. Non siamo sicuri che questo possa avverarsi, ma è un fatto nuovo: per loro si può riequilibrare la diminuzione dell’export con l’aumento dei consumi interni. Un primo, implicito passo per rendere più praticabile una eventuale, ora lontana, collaborazione con l’Europa. Secondo perno, gli investimenti cambiano: non più case ed infrastrutture ma tecnologia” le sue parole in un’intervista alla Stampa.
Ma non solo. Nella sua sviolinata a Pechino, Prodi ha parlato della presunta silenziosa apertura della Cina agli europei. E c’è persino l’esempio: “Per dirne solo una: per la prima volta nella mia vita non ho avuto bisogno del visto per entrare in Cina, mentre per andare qualche mese fa ad Harvard ho chiesto il visto all’ambasciata americana. Un paradosso che qualcosa ci dice”. E allora rompere con gli Usa ha senso, effettivamente. Ovviamente ironizziamo, perché prendendo sul serio certe teorie si corre il rischio di dare più valore del necessario. La campagna della sinistra/pseudo campo largo continuerà, spetterà al governo tenere la barra dritta ed evitare pericolose sbandate.
Franco Lodige, 11 aprile 2025
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