L’orgia del potere sta in un concorso per dirigenti scolastici del 2017, annullato dal Tar di Roma un anno fa, ribadito dal ministro dell’Istruzione, preclara Lucia Azzolina che è parte in causa avendolo (ovviamente) vinto quando era parlamentare e membro della Commissione Cultura della Camera (sic!), ribadito in extremis dal Consiglio di Stato in base a curiose logiche utilitaristiche. Basterebbe questo, però non basta perché, se non si spiega un po’ la faccenda, non si capisce un accidente.
Tutte le irregolarità
In merito al concorsaccio, il Tar aveva riscontrato plurime, oggettive e patenti irregolarità, poi rimbalzate sui media, che avevano a che fare con un florilegio di virtù così riassunte da un comitato Trasparenza e Partecipazione che non si stanca di dare battaglia: “Almeno un terzo degli elaborati della prova scritta dei vincitori (risposte ai quesiti a risposta aperta, griglie di valutazione e verbali delle sottocommissioni), messi dal Miur a disposizione dei ricorrenti, risultano essere stati valutati in modo errato, superficiale ed incomprensibilmente inadeguato.
Punteggi alti attribuiti a risposte errate, scarse o addirittura mai rese; voti numerici inventati; tabella di valutazione della prova scritta modificata tre mesi dopo lo svolgimento dell’esame e a ridosso dell’avvio dei lavori di valutazione delle trentotto sottocommissioni; file pdf creati dai commissari con smartphone e con strumenti non idonei a renderli documenti informatici della Pubblica Amministrazione (i files sono sprovvisti di metadati); files nominati con il codice fiscale dei candidati ancor prima dello scioglimento dell’anonimato; disparità di trattamento per valutazioni profondamente ed oggettivamente diverse tra le varie sottocommissioni, cambi continui per i numerosi commissari rinunciatari e valutazioni profondamente difformi tra le trentotto sottocommissioni… Per non dire, ancora, di curiose circostanze riguardanti solo gli elaborati dei vincitori e mai quelli dei ricorrenti”; con l’aggiunta, insiste il comitato, di ulteriori misteri gaudiosi da Alvignano a Caserta.
Fosse vera anche solo la metà di quanto imputato, e che peraltro fu largamente ribadito sui mezzi di informazione, e che peraltro non fu mai smentito in modo non si dica convincente, ma almeno plausibile, né da Azzolina, né da alcun altro, basterebbe e avanzerebbe a far cascare un governo. Ma sono tempi grillini, anzi grillopiddini, anzi grillopiddinitalovivi, e tutto passa in cavalleria. Infatti Azzolina che ti fa? Spiega, esageriamo: che palle, è tutto a posto, poi stende, almeno secondo le accuse, una cortina fumogena sugli atti, una cappa sul concorso e lo blinda a tutela della posizione dei vincitori (assunti e non) e quindi anche della sua stessa posizione. Con la conseguenza di un contenzioso kafkiano che logora gli aspiranti presidi “bocciati”, e qui davvero le virgolette non possono mancare.
Bocciati de che, se le prove stanno come dice il comitato ossia una farsa, una atellana? De che, se a decidere, a garantire è una ministra candidata autopromossa a preside nel concorso per presidi? Qualcosa di assurdo e di mortificante solo a raccontarlo. Il concorso si è concluso da un anno, con l’assunzione, seppur condizionata, dei vincitori, grazie ad un’ordinanza di sospensiva concessa dal Consiglio di Stato – che ha così neutralizzato il Tar – per un curioso “preminente interesse pubblico”, quello cioè di garantire la presenza di presidi nelle varie istituzioni scolastiche.
Prevalente un par de palle, si dice a Roma. Ovviamente, essendo un garbuglio pazzesco, non poteva restarne fuori quel partitello decimale che è Italia Viva: è stato, infatti, disposto anche l’arruolamento degli idonei grazie ad un emendamento dell’ectoplasma renziano, divenuto poi legge col benestare del Ministro Azzolina e dell’intero Governo Conte. Capolavoro!
La graduatoria dei “vincitori”
Quindi è stato autorizzato lo scorrimento della graduatoria dei vincitori e l’assunzione dei predetti idonei oltre il numero dei posti messi a bando. Anche la ministra sarà (auto)assunta nel ruolo della dirigenza scolastica, perché prevenire è meglio che curare la cacciata dal ministero. Tutti contenti tranne i ricorrenti, cornuti e mazziati, bellamente scavalcati, e più non dimandare. Di sfondo, una confusissima problematica sui codici sorgente, sui documenti mai portati allo scoperto, che si può riassumere nella domanda posta dal parlamentare fu grillino Gianluigi Paragone: “È possibile che un Ministro, che ha interessi nella causa, agisca a danno dei ricorrenti?”.
Possibile, possibile: nel mondo fatato del grillopiddismoitalovivo, questo ed altro: la verità è quella del potere, patetiche sono le domande dei “bocciati”, “Perché debbono essere destinatari di tutela solo i vincitori? Non meriterebbero tutela anche gli ex colleghi aspiranti presidi dell’illustre vincitrice, visto quanto sta emergendo da un anno a questa parte? Quando mai si cambiano le regole del gioco a partita in corso? A ciascun membro del Comitato pare di vivere un’impresa impossibile, simile a quella biblica di Davide contro Golia.
Non è stato solo distrutto un sogno, ma un progetto di vita. È stata tolta un’opportunità per varie ragioni unica ed è stato fatto con una procedura fatta passare per regolare e legittima, sebbene siano ben tutti consapevoli di ciò che è realmente avvenuto”.
Il 15 ottobre c’è l’udienza al Consiglio di Stato: qualche volta i miracoli succedono. In caso contrario, resterà l’ennesima bellissima storia italiana, anzi italovivagrillopiddina: quella di un ministro che si autopromuove preside in un concorso rigurgitante di situazioni sospette, puntellato da emendamenti di partiti alleati, consacrato da un Consiglio di Stato che ritiene prevalente la ragion di stato, anzi di ministra. Una di quelle che ha fatto strada sbraitando “onestà onestà”, campana di vetro, lotta alla kasta, ai privilegi, alle furberie. Beh, non è sempre la solita dannata vecchia storia?
Max Del Papa, 26 settembre 2020