Il podcast di Sallusti

Quel D-Day dimenticato (e le 4 cose indicibili per la sinistra)

Il podcast di Alessandro Sallusti del 7 giugno 2023

79 anni fa come ieri. Un anniversario da ricordare, ma non per tutti. Il 6 giugno 1944, alle prime luci dell’alba, sulle coste francesi della Normandia si appalesò il più grande esercito di liberazione mai messo insieme nella storia.

156.000 soldati e 20.000 veicoli blindati sbarcarono in poche ore su quelle spiagge, dopo aver attraversato notte e tempo la Manica su 1.200 navi da guerra e 1.500 da trasporto. Era il D-Day, il giorno deciso dagli alleati per iniziare la liberazione dell’Europa dal nazifascismo.

Solo nelle prime ore di quella mattina morirono 2.500 ragazzi. Erano americani, inglesi, canadesi, francesi, polacchi, belgi, cecoslovacchi, olandesi e norvegesi. 11 mesi dopo quell’immane sacrificio portò alla fine della Seconda guerra mondiale in Europa.

Perché ricordare oggi questa storia? Sarebbe meglio chiedersi perché non ricordarla. Perché in effetti ieri nessuno l’ha ricordata. In un mondo dove si celebrano con enfasi anniversari ben meno importanti e decisivi per la nostra storia. Già, strano che le Murgia, i Saviano e tutta la compagnia che vedono fascisti ovunque non abbia sentito il bisogno di ricordare – sarebbe bastato un tweet – quegli eroi venuti da lontano che dal vero nazifascismo ci hanno liberato a prezzo del loro sangue e senza il cui martirio non ci sarebbe stato per l’Associazione partigiani nessun 25 aprile da celebrare.

Strano, dicevamo, ma non troppo, perché il farlo, il celebrarlo, avrebbe voluto dire, ammettere quattro cose ancora oggi indicibili per la sinistra.

  • La prima, senza l’America il blocco occidentale ha lei alleato? Oggi diremo la loro odiata a NATO? Oggi non avremo né libertà né democrazia.
  • Secondo, purtroppo la pace la si raggiunge solo se nazioni libere uniscono i loro sforzi contro tiranni invasori. Ieri Hitler, oggi Putin.
  • Terzo, libertà e democrazia non sono gratis, hanno un prezzo che va condiviso tra tutti coloro che credono in questi valori.
  • Quarto, la guerra è una follia, certo, ma la responsabilità sta in capo a chi la inizia, non a chi è costretto a finirla.

Ecco, quando parliamo di quello che sta succedendo in Ucraina, teniamo ben presente questa storia che ci ha riguardato da vicino, perché se dimentichiamo dove e come è nata la nostra libertà, se la misuriamo solo in base all’andamento del costo della bolletta del gas, beh, allora stiamo sputando addosso a quei 2500 ragazzi morti per noi quella mattina del 6 giugno 1944. Un decimo di quelli deceduti in tutto il conflitto.

 

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