Cronaca

Quel “falso storico” sulla Resistenza che insistiamo a celebrare

tg3 resistenza mattarella

Il Tg3 di mercoledì scorso ha dato molto risalto alle celebrazioni dell’ottantesimo anniversario delle cosiddette “quattro giornate di Napoli”. Sottolineando la presenza del Capo dello Stato, il quale ha deposto una corona di fiori davanti al monumento dello Scugnizzo, il servizio si conclude sostenendo che la metropoli partenopea “fu la prima città italiana liberata, grazie ad una grande azione di tutto il popolo.”

In realtà, spiace doverlo dire, si tratta di un colossale falso storico, dal momento che le truppe tedesche stanziate nella zona di Napoli avevano già iniziato un ordinato ripiegamento strategico per rallentare l’avanzata degli Alleati, attestandosi sulla linea del Volturno. Molto istruttivo, a questo proposito, il libro di Ezio Erra, politico e intellettuale napoletano scomparso nel 2011, Napoli 1943 – le quattro giornate che non ci furono, edito da Longanesi.

È sufficiente leggerne la presentazione per farsene già una prima, significativa idea: “Davvero Napoli insorse contro i nazisti nel 1943? Davvero ci furono le quattro giornate raccontate dalla storia resistenziale ed esaltate dal cinema? Facendo appello ai ricordi personali e comparando testimonianze dirette e indirette, documenti inediti e analisi obiettive, Erra rievoca le tre settimane dell’occupazione tedesca, concluse con una ritirata della potente e militarmente preparatissima divisione Goering. Una ‘fuga’ turbata da scontri disordinati con gruppuscoli partigiani, passati alla storia come le “quattro giornate di Napoli”. Sulla verità dei fatti si stende un’altra ombra: a liberazione avvenuta 7mila napoletani presentarono domanda al Ministero degli Interni per ottenere la qualifica di “patriota” e quindi le sovvenzioni previste…”

D’altro canto, onde dimostrare in modo indiretto quanto la propaganda abbia ingigantito oltre ogni misura ragionevole i fatti in questione, occorre fare qualche passo indietro, ricordando ciò che avvenne a Roma e dintorni nei giorni immediatamente successivi al fatidico 8 settembre. Come raccontato con dovizia di particolari dall’illustre Liddell Hart, storico militare di fama mondiale, nonostante le netta superiorità delle truppe italiane stanziate intorno alla Capitale, le due deboli divisioni di paracadutisti comandate dal generale Student, contro le stesse previsioni dell’alto comando germanico, riuscirono in breve tempo a disarmare le nostre truppe.

Quindi noi dovremmo credere che dove fallì l’esercito italiano, che comprendeva la divisione corazzata Ariete, la divisione motorizzata Piave, la divisione di fanteria dei Granatieri di Sardegna, più altre truppe sparse qua e là, riuscirono i volenterosi napoletani armati alla bell’e meglio? Io direi che dopo ottant’anni, con molta acqua passata sotto i ponti, potremmo anche permetterci di uscire dalla stucchevole e trita retorica resistenziale, almeno in questa occasione.

Claudio Romiti, 29 settembre 2023