Dovete sapere che George Orwell (di cui abbiamo parlato due settimane fa) fu un allievo di Aldous Huxley. L’autore del Mondo nuovo era infatti il suo insegnante di francese, nel 1917, a Eton. E una certa influenza delle opere del maestro sull’allievo, sono evidenti. Il rapporto si mantenne costante negli anni e nel 1949 (diciassette anni dopo la pubblicazione del Mondo nuovo), Orwell mandò una copia del suo libro fresco di stampa ad Huxley. Negli anni scorsi è spuntata una lettera del vecchio maestro sulle tesi di 1984, una sorta di recensione. Se volete un po’ narcisistica: poiché tutto è rimandato al Mondo nuovo.
Ma una delle parti che colpiscono di più riguarda la conclusione. Che conviene riportare qua. Huxley, come sapete, era affascinato dall’ipnosi, dalle nuove teorie psicanalitiche, dall’influenza del mentale sul fisico. Era sconvolto dal fatto che nuovi farmaci, i barbiturici come ingenuamente si classificavano molte sostanze psicotrope all’epoca, potessero avere forti effetti anche di condizionamento sulle menti. Per carità, nulla a che vedere con il modesto horror che va ora in onda sotto il nome di Freud su Netflix. Ma insomma le nuove scoperte sulla psiche pesavano in Huxley.
E sentite cosa scriveva a commento di 1984: “Entro la prossima generazione chi tiene le redini del mondo scoprirà che il condizionamento infantile e l’ipnosi indotta dalle droghe sono strumenti di dominio ben più efficaci di armi e prigioni. E che la sete di potere può essere soddisfatta nella sua pienezza inducendo le persone ad amare il loro stato di schiavitù, piuttosto che ridurle all’obbedienza a suon di frustate e calci. Insomma, penso che l’incubo descritto in 1984 sia destinato a evolversi in quello descritto in Il nuovo mondo, se non altro come esito di una necessità di maggiore efficienza”. Il concetto più affascinante di Huxley, e se volete drammaticamente più moderno, rispetto a quello di 1984, che pure è impressionante per le analogie con l’oggi, è che saranno “le persone ad amare il loro stato di schiavitù”.
In modo pessimistico potremmo dire che la somma delle due distopie è ciò che si potrebbe realizzare oggi: con una parte di italiani che non si scandalizza della propria schiavitù. Una sorta di ipnosi collettiva, certo non indotta dai farmaci, ma da un virus e dalla paura che genera, che ci rende imbambolati di fronte a scelte illiberali. Il corredo è poi quello di 1984: i droni al posto degli schermi, la municipale (non me ne vogliano, alcuni cercano disperatamente di restare umani) al posto della psicopolizia e il ministero dell’Amore che con ferrea determinazione ci tiene a casa. La prima si intende. La sola idea di poter utilizzare la seconda, su cui paghiamo tasse e balzelli, è roba da carcere. Rileggere Il mondo nuovo serve. Forse è qua.
Nicola Porro per Il Giornale, 20 aprile