Esteri

Quel particolare record dietro l’attentato a Trump

Trump attentato © franckreporter e Layer-Lab tramite Canva.com

Donald Trump, già sopravvissuto all’attentato di Butler, Pennsylvania, il 13 luglio scorso, scampandola anche ieri al Golf Club di Palm Beach, Florida, dopo avere eguagliato un paio di primati (è il secondo ex presidente che cerca una rielezione una volta allontanato dalla Casa Bianca così come fece Grover Cleveland, riuscendo nell’impresa, nel 1892; è il quarto arrivato allo scranno presidenziale pur avendo conquistato un numero minore di voti popolari rispetto al contendente), essendo già il solo presidente sottoposto due volte (venendo assolto) all’Impeachment, ha rafforzato l’altro proprio personalissimo record: è difatti ora il primo ex Capo dello Stato Usa di nuovo in corsa oggetto non di uno ma di due tentativi di omicidio.

Al di là del dimissionario Richard Nixon – il nono ed ultimo – otto i Capi dello Stato americani che hanno nel tempo dovuto essere sostituiti dai rispettivi Vice, in quanto morti in carica. (Pressoché sempre – ove si escluda Abraham Lincoln e per quanto il povero Andrew Johnson non fosse poi la peste – da un subentrante di almeno buone, se non ottime, capacità, a dare quindi ragione ad Otto von Bismarck-Schoenhausen, il quale, guardando alle vicende d’oltre Atlantico, era ai suoi tempi già arrivato ad affermare che “esiste una particolare Provvidenza Divina che opera a favore dei bambini, degli ubriachi, dei matti e degli Stati Uniti d’America”). Orbene, sette tra costoro (l’escluso è Zachary Taylor, per quanto sia passato a miglior vita nel 1850: non si votava per White House, ma insomma) sono stati elettoralmente ‘collegati’ con un ‘anno zero’ (avente cioè lo zero come numero finale), la qual cosa ha portato non pochi osservatori ad ipotizzare una seria ‘Maledizione’ lanciata sugli occupanti la Casa Bianca (da un Capo Pellerossa, Tecumseh o dal fratello stregone, a seguito di una sconfitta, fu detto e ripetuto). E valga il vero.

William Harrison, il primo Presidente a tirare le cuoia (per cause naturali), era stato eletto nel 1840.

Il già citato Abraham Lincoln – ben lo sappiamo, assassinato – aveva vinto la prima volta, nel 1860.

James Garfield – ucciso – era arrivato a Washington prevalendo nel 1880.

William McKinley – terzo fatto fuori – aveva ottenuto il secondo mandato nel 1900.

Warren Harding – dopo Harrison (e invero il trascurato Taylor), il secondo morto naturalmente – aveva vinto nel 1920.

Franklin Delano Roosevelt – terzo non assassinato della sequenza mortale – tra le quattro elezioni contava quella del 1940.

John Kennedy, ammazzato a Dallas il 22 novembre 1963 – qualcuno non lo ricorda? – aveva sconfitto Richard Nixon nel 1960.

Ciò detto, se i quattro (o più, visto che quanto al primo Cattolico arrivato a White House infinitamente si opina) autori del definitivo gesto lo portarono bene o male (Garfield e McKinley morirono dopo lunghi giorni di agonia anche per via delle difficoltà in campo medico dell’epoca) a termine, altri nel tempo hanno provato a compiere analogo delitto nei riguardi di almeno altrettanti “colleghi” dei predetti. Limito a un accenno, questo, i riferimenti all’assassinio di Bob Kennedy – primi di giugno del 1968 – e al tentativo non del tutto riuscito del quale fu vittima George Wallace – 15 maggio del 1972 – perché i due erano a quel mentre ‘solo’ candidati. Tale si era annunciato e non era, essendo la campagna di là da venire, in vista delle votazioni del 1936, Huey Long, influente Senatore della Louisiana e suo ex Governatore, ucciso a Baton Rouge il 10 settembre del 1935).

I “bersagli” presidenziali scampati sono nell’ordine:

– il 14 ottobre 1912, Theodore Roosevelt, impegnato nella campagna per la rielezione (aveva lasciato il 4 marzo 1909) e in qualche modo, per quanto nella circostanza non sconfitto da un avversario appartenente ad un partito avverso come il sopra citato Cleveland, nella stessa situazione di Donald Trump;

– il 15 febbraio 1933, Franklin Delano Roosevelt, eletto a novembre del precedente anno e non ancora in carica (fino al 1933 compreso si entrava a White House il 4 marzo), fu oggetto di un attentato opera di un anarchico italiano poi giustiziato, Giuseppe Zangara;

– l’1 novembre 1950, Harry Truman che due nazionalisti portoricani cercarono di eliminare;

– il 30 marzo 1981, Ronald Reagan il quale, ferito gravemente, entrando nell’ospedale per il necessario intervento, capace di battute anche in tale situazione, disse “Speriamo che il chirurgo sia repubblicano”.

Mauro della Porta Raffo
Presidente onorario della Fondazione Italia USA

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