Quel Premio Nobel ignorato sul virus in laboratorio

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In questo periodo di pandemia mondiale le informazioni che si rincorrono sono così tante che, quando si scrive qualcosa che va ricollegata a una notizia passata, anche da poco tempo, è necessario, come negli sceneggiati degli anni ’70, fare il riassunto delle puntate precedenti. In un mio vecchio articolo avevo provato a mettere l’attenzione su alcuni particolari che stonavano in merito all’epidemia che stava in quei giorni dilagando in Cina, nella città di Wuhan e nella sua regione. In quei giorni avevo solo sospetti ma, considerando che il diavolo si nasconde nelle pieghe, già allora erano troppi i particolari che, a mio avviso, non raccontavano in maniera esaustiva ciò che stava veramente accadendo.

A rinforzare queste sensazioni c’erano anche le reazioni dislessiche dell’Organizzazione mondiale della sanità che aveva inizialmente considerato il Coronavirus come problema locale per poi cambiare repentinamente idea e trasformarlo da locale a mondiale. In quel periodo il governo cinese aveva messo milioni di persone in quarantena, eppure, nonostante le drammatiche immagini che arrivavano dalla regione di Wuhan e le grida di allarme dei medici cinesi, subito censurate dal regime comunista di Pechino, che avevano fatto di tutto per avvertire il mondo dello Tsunami che stava per colpire, tranne qualche rara eccezione la maggior parte delle nazioni più progredite si sono fatte trovare impreparate. Se per stoltezza o per incapacità sarà poi la storia a spiegarcelo.

Nel mio articolo avevo anche sottolineato che il 25 gennaio 2020 sul quotidiano Il Mattino di Napoli, era stata pubblicata la notizia, ripresa da un’intervista rilasciata al Washington Times, di Dany Shoham, biologo ed ex ufficiale dell’Intelligence militare israeliana, esperto di armi batteriologiche in Medio Oriente e Asia, dove affermava la possibile creazione artificiale in laboratorio del virus. L’ipotesi era decisamente azzardata e all’epoca non aveva prove tangibili, considerando però il calibro del personaggio che l’aveva messa allo scoperto, una rapida inchiesta oltre ad essere doverosa e necessaria, avrebbe magari permesso la conoscenza di dati che se usati con tempestività avrebbero forse salvato molte vite umane. Invece le dichiarazioni di Dany Shoham, che non hanno mai avuto smentite, sono purtroppo passate sotto silenzio.

Pochi giorni fa, dopo migliaia di morti in tutto il mondo e studi approfonditi, Luc Montagner, Professore presso l’Istituto Pasteur di Parigi, Premio Nobel per la medicina 2008 per aver scoperto, insieme alla dottoressa Françoise Barré-Sinoussi e al dottor Robert Gallo, il virus dell’HIV, durante un’intervista televisiva è andato controcorrente rispetto a ciò che dichiarano la quasi totalità dei virologi, e ha apertamente affermato che, secondo le sue ricerche e studi, il Coronavirus è stato progettato in laboratorio. Nella fattispecie nel laboratorio di Wuhan. Sito che, almeno inizialmente, era stato costruito anche con fondi francesi. Durante l’intervista rilasciata ad una trasmissione che tratta tematiche mediche, Montagnier ha dichiarato che il virus SARS-CoV-2, responsabile della pandemia da COVID-19, è stato originato in un laboratorio di ricerca della città cinese di Wuhan durante studi sulla possibile creazione di un vaccino contro il virus HIV.

A riprova di ciò, Montagnier ha citato uno studio pubblicato nel gennaio 2020 dall’università di Nuova Delhi, secondo il quale il genoma del SARS-CoV-2 conterrebbe alcune sequenze presenti anche in quello del virus HIV. Questo studio, considerando che la storia del pipistrello sembra ormai scritta nella pietra e non ammette variazioni, aveva ottenuto diverse critiche da parte della comunità scientifica mondiale a causa di imprecisioni teorico-tecniche, Per questo è stato ritirato dagli stessi autori meno di due giorni dopo la sua pubblicazione. Secondo Montagnier però la somiglianza tra i due genomi virali sarebbe stata confermata da ulteriori ricerche condotte da lui in prima persona e dal ricercatore Jean-Claude Perez. Inutile dire che non è bastato il Nobel di cui si fa giustamente vanto, a salvarlo dalla raffica di critiche che si è abbattuta come una mannaia.


Da semplice osservatore non mi resta che prendere atto che la confusione creata intorno a questa pandemia è di notevole spessore e l’esperienza insegna che la confusione è spesso una cortina fumogena che serve a coprire qualcosa o a non far capire bene i fatti. Da una parte c’è un personaggio come il Professor Burioni che, nonostante le immagini che arrivavano dalla Cina, il due febbraio scorso dichiarava: “In Italia il rischio è zero. Il virus non circola”. Nonostante quest’errore il Professor Burioni praticamente non è stato colpito da critiche, la prova di ciò è sotto gli occhi di tutti visto che viene ancora molto ascoltato nei vari canali televisivi. Montagner, invece, nonostante un Nobel, cosa che non tutti possono esporre nel proprio curriculum, dopo l’ondata di critiche non è stato più ascoltato, né in Francia né altrove.

Sarà perché va contro corrente? La risposta non la conosco, ma in questa vicenda ci sono troppi lati oscuri che sarebbe il caso indagare e se colpe ci sono qualcuno le dovrà pagare e i governi responsabili di ciò, quello cinese in primis, debbono smetterla di giocare a nascondino perché dopo mesi di quarantena sono in molti a pretendere la verità.

Michael Sfaradi, 28 aprile 2020

 

 

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